Lev Tolstoj

La democrazia come superstizione

(1908)

 


 

Nota

Una critica radicale della democrazia (l'elezione di una minoranza che la fa da padrone su tutti) vista come una superstizione che ci distoglie dal vero compito di ciascuno di noi, che consiste nel lungo cammino del perfezionamento personale. La democrazia invece fa credere che la soluzione dei problemi sociali consista nella imposizione generale di leggi promulgate dal potere centrale. In ciò consiste invece il malessere e l'alienazione di tutti.

Fonte: Lev Tolstoj, La loi de l'amour et la loi de la violence, 1908 – Capitolo XVI. In inglese: The law of love and the law of violence, Dover publications, 2010.

 


 

“Noi siamo molto usi a ricercare dei metodi per organizzare la vita degli altri; e questi metodi non ci appaiono affatto bizzarri. Eppure, essi non sarebbero necessari se le persone fossero caritatevoli e libere. Nella realtà dei fatti, questi metodi sono il risultato del dispotismo, del dominio di uno o di pochi sui molti.

Questo errore è nefasto non solo perché provoca la sofferenza di coloro che avvertono l'oppressione dei despoti, ma ancora di più perché ammorba le loro coscienze e non li rende più consapevoli della necessità di migliorare la propria condizione. Ma è soltanto questa consapevolezza che può avere un effetto sui nostri simili.”

“Non solo nessun essere umano ha il diritto di disporre di un gran numero di persone, ma neanche un gran numero di persone ha il diritto di disporre di un solo essere umano”.  (Vladimir Tchertkov) [1]

Meraviglioso. Ma, ci potresti dire quale forma prenderà la società quando deciderà di esistere senza stato?

Questo è ciò che chiedono coloro che pensano che l'essere umano saprà sempre in anticipo quello che avverrà in futuro, e assegnano le stesse capacità divinatorie a quelli che desiderano vivere senza un potere che li domini.

Questa idea è solo una comune superstizione, molto vecchia e molto diffusa, bisogna riconoscerlo. Le persone, sia che si sottomettano o che rifiutino di sottomettersi ad un potere esterno, non sanno e non possono sapere come sarà il futuro, quando una minoranza non controllerà più la vita di tutti. E questo perché una simile organizzazione è possibile non sulla base della volontà di qualcuno, ma come risultato di innumerevoli fattori concomitanti, e di cui il principale è lo sviluppo spirituale della maggioranza delle persone.

La superstizione che induce a pensare che si possa dire in anticipo come sarà organizzata la società futura ha la sua origine nel desiderio dei despoti di giustificare la loro condotta, e in quello delle vittime di offrire un senso e un sollievo al peso delle loro costrizioni. I primi si persuadono da soli che essi sanno come dare alla vita la forma che essi considerano migliore; gli altri, che subiscono tali costrizioni in quanto non si sentono abbastanza forti per liberarsene da soli, hanno la stessa convinzione cieca, il che permette loro di trovare una qualche scusa per la condizione in cui si trovano.

La storia dei popoli dovrebbe distruggere completamente questa superstizione.

Alla fine del diciottesimo secolo, alcuni francesi hanno cercato di preservare il vecchio regime dispotico ma, nonostante tutti i loro sforzi, questo regime è crollato ed è stato rimpiazzato da una repubblica. Allo stesso modo, malgrado tutti gli sforzi dei capi repubblicani, malgrado tutti i loro atti violenti, la repubblica è stata sostituita dall'impero. Così gli uni sono succeduti agli altri: impero, governo di coalizione, Charles V, una nuova repubblica, una nuova rivoluzione, una nuova repubblica, Louis-Philippe, poi altri governi, fino ai giorni nostri.

Gli stessi fatti si sono ripetuti dappertutto, laddove la violenza è alla base dell'agire. A titolo di esempio, tutti gli sforzi del Papato, lungi dal sopprimere il protestantesimo, hanno soltanto contribuito a diffonderlo. Il progresso del socialismo è dovuto agli sforzi dei capitalisti di combatterlo.

In sintesi, è solo perché la forma dell'organizzazione sociale continua a non rispondere o non risponde più alla condizione morale delle persone, che un governo, instaurato con la violenza, viene mantenuto per un certo periodo, o viene cambiato attraverso l'uso della forza, e non perché dei fattori esterni ne assicurano o ne trasformano l'esistenza.

Ne consegue che l'assioma secondo il quale una minoranza può organizzare la vita della maggioranza, un assioma in nome del quale si commettono i più grandi crimini, non è che una superstizione. Allo stesso modo e parimenti, l'agire che ne risulta e che è considerato estremamente importante ed onorabile sia dai responsabili statali che dai rivoluzionari, non è in realtà che una perdita di tempo inutile e nefasta, che, soprattutto, impedisce all'umanità di essere felice.

Questa superstizione ha fatto versare fiumi di sangue e causato sofferenze spaventose che continuano anche ai giorni nostri. La cosa peggiore è che tale superstizione ha sempre impedito, ed impedisce ancor oggi, il miglioramento della società in rapporto al grado di sviluppo della coscienza umana. Questa superstizione impedisce ogni vero progresso perché gli individui sprecano tutti i loro sforzi nel cercare di mettersi d'accordo, gli uni con gli altri, e trascurano la loro rigenerazione morale, la sola che può contribuire a migliorare il mondo in generale.

In effetti, la vita sociale progredisce e lo fa inevitabilmente verso l'idea eterna di perfezione, grazie all'evoluzione degli individui sulla strada senza fine del perfezionamento.

In tutto ciò possiamo vedere l'orrenda superstizione che ci fa trascurare il nostro compito di miglioramento personale, l'unico che procura la felicità per il singolo e il benessere generale. Il miglioramento personale è il solo compito che possiamo davvero attuare in quanto diretti artefici, al contrario della superstizione che porta a concentrarci sul benessere degli altri, cosa che non è in nostro potere realizzare. Questa superstizione ci spinge a utilizzare i mezzi della costrizione che sono nocivi sia a noi stessi che agli altri, e ci trascina ancora più lontano sia dal perfezionamento individuale che da quello sociale.        

 


 

Nota

[1] Vladimir Tchertkov o Chertkov (1854-1936) è stato l'editore delle opere di Tolstoj e uno dei suoi massimi ammiratori.

 

 


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