Butler Shaffer

Sull'assoluta irrilevanza dello Stato

(2002)

 



Nota

Questo è uno dei migliori testi brevi sullo Stato. Questa qualità gli deriva dal fatto che esso affronta direttamente il cuore del problema, fin dall'inizio. L'aspetto centrale che l'autore vorrebbe fosse chiaro a tutti è che lo Stato è una illusione priva di senso e pericolosa, del tutto irrilevante per la soluzione dei problemi personali e di gruppo. Per cui, chiunque sia alla ricerca di una autorità politica o di progetti politici per superare le crisi attuali e future è un caso individuale disperato oltre che un essere umano irresponsabile (un eterno minorenne).

Da molto tempo avremmo dovuto capire che lo Stato continua a esistere solo attraverso la produzione della irresponsabilità di massa, e attraverso l'accettazione passiva da parte nostra della nostra irresponsabilità e incapacità a risolvere i nostri problemi. Ecco perché il messaggio di Butler Shaffer sulla irrilevanza dello Stato è così pertinente e potente. Ed è solo rendendocene conto che noi possiamo cancellare lo Stato dalla nostra visuale. Ma perché ciò avvenga, la condizione essenziale è di diventare esseri umani adulti e maturi invece di continuare a vivere da infantili e impotenti servi dello stato.

 


 

Continuo a ricevere messaggi da lettori che fanno fatica a capire il motivo per cui io non ho una risposta al “che fare” riguardo ai problemi che affliggono non solo l’America ma il mondo intero. C’è un aspetto triste, una componente quasi infantile in questi messaggi in cui si da per scontata l’esistenza di un figura autorevole - un uomo politico o uno scrittore - in grado di offrire una soluzione magica a qualsiasi difficoltà. Quando prospetto il fatto che non c’è nulla che una persona “rivestita di autorità” possa fare per cambiare qualcosa, e che l’unica trasformazione che può avviare una correzione della situazione presente  va ricercata nel modo di pensare di ciascuno, la loro fiducia che io possa offrire un altro “nuovo audace programma” va in frantumi e ciò che emerge è rabbia e frustrazione. Il fatto è che da troppo tempo abbiamo abdicato alle nostre responsabilità individuali riguardo alla direzione da dare alla nostra vita , e questo ha fatto sì che qualsiasi accenno al fatto che è ora che ci riappropriamo della nostra esistenza è rigettato con grida di disprezzo.

Per coloro che non hanno ancora afferrato il fatto che la nostra condizione attuale è al di là della capacità di correzione delle istituzioni, e che la nostra civiltà non ha più soluzioni da offrire ai problemi che essa ha generato e si trova ora in uno Stato di collasso, può essere utile prendere in esame gli avvertimenti di un alto ufficiale della CIA. In un intervento alla Duke University, un paio di settimane fa, James Pavitt,  direttore incaricato per le operazioni della CIA, ha dichiarato: “Adesso occorre accettare una dura verità.  Nonostante i migliori sforzi di così tante persone al mondo, non riusciremo ad evitare il prossimo attacco terroristico che non è questione di se ma di quando.” Sebbene al giorno d’oggi la CIA abbia “un numero di spie intente a scovare più segreti di quante ve ne siano mai state in qualsiasi momento della sua storia," Pavitt ha fatto notare che “con così tanti obiettivi e un nemico disposto a immolarsi, la difesa perfetta non è possibile.” A suo credito va detto che egli ha fatto presente che ulteriori misure di anti-terrorismo richiederebbero il sacrificio di un numero così elevato di libertà tale da trasformare l’America in un sistema sociale “che non varrebbe più la pena di difendere.” 

Le parole di Pavitt confermano una delle tesi centrali della teoria del caos: i sistemi complessi sono troppo imprevedibili perché possano essere posti sotto controllo in vista del raggiungimento di un dato obiettivo. Questo è il motivo per cui l’Unione Sovietica e altri sistemi caratterizzati da una totale pianificazione statale o sono andati a picco o sono in uno Stato disastrato. Quando questa persona ha dichiarato che “noi all’interno del governo degli Stati Uniti non eravamo in grado (parole testuali) né di prevenire né di prevedere esattamente la tragedia devastante degli attacchi dell’11 Settembre," egli stava confermando, in maniera consapevole o no, l’irrilevanza dello Stato in un mondo complesso.

In altre parole, ecco il messaggio di una persona al vertice del comando politico: a meno di non ridurre l’America in un obbrobrioso Stato di polizia sul modello del KGB o delle SS del passato, non c’è nulla che il più potente Stato-nazione nella storia del mondo possa fare per prevenire attacchi come quello dell’11 Settembre. Per rispetto al candore di questa persona vi prego di non invadere la sua casella di posta con messaggi che condannano la sua posizione. Prendete le sue parole come un altro richiamo pressante al nostro senso di responsabilità. Voi ed io siamo le sole persone che possono avviare trasformazioni fondamentali nei riguardi di questa criminale pazzia che affligge attualmente il mondo. E i nostri soli mezzi per attuare ciò esigono che voi ed io ci caliamo profondamente all’interno della nostra mente per identificare - e cancellare -  tutti quei preconcetti conflittuali, distruttivi e forieri di divisioni che, sulla base di voci ancestrali, noi continuiamo a diffondere.

Ognuno di noi deve imparare a infondere energia alla propria mente, smetterla di riciclare in maniera passiva le menzogne che ci sono state somministrate dalle istituzioni - menzogne a copertura delle verità che ci sono state nascoste. Noi dobbiamo abbandonare la pratica di lasciare che altri formulino quelle che dovrebbero essere le nostre domande, mettendo in pratica l’avvertimento di André Malraux: “[Una] civiltà può essere definita in maniera concisa sulla base delle domande basilari che si pone e di quelle che non si pone.” Noi dobbiamo anche abbandonare la nostra inclinazione a darci delle risposte facili e immediate - che qualsiasi persona un po’ furba è capace di confezionare - ricordandoci le parole di Milton Mayer: “Le domande a cui si può dare risposta non vale davvero la pena di porle.” In breve, ognuno di noi deve proporsi di mirare a quello che ci incute più timore al mondo: sviluppare il nostro senso di responsabilità.

L’apparato dello Stato non ha né la capacità né l’inclinazione a proteggere uno qualsiasi dei vostri interessi. Al contrario, si aspetta che tutti voi forniate i mezzi - incluse le vostre vite - al fine di proteggere lo Stato. Questo è il motivo per cui le guerre hanno sempre accresciuto i poteri dei sistemi politici nel momento stesso in cui riducono le libertà individuali. Lo Stato dipende dalle guerre come il dentista dipende dall’esistenza di carie, o gli avvocati  dal verificarsi di liti.

Mentre il nemico dichiarato è sempre rappresentato  in maniera impersonale con l’appellativo “gli altri,” in realtà ogni guerra è condotta dallo Stato contro i suoi propri cittadini. Se hai dubbi al proposito, poniti queste domande: le libertà di chi sono state notevolmente limitate a seguito dell’11 Settembre, quelle di Osama bin Laden o le tue? Quali oggetti sono ispezionati agli aeroporti e in altri edifici pubblici; quali telefoni, computers, carte di credito, dati bancari e ospedalieri sono tenuti sotto controllo: quelli dei membri di Al Qaida o i tuoi? Quali tasse saranno innalzate e quali giovani saranno chiamati a morire in questa guerra infinita: i figli dei capi della Jihad islamica o i tuoi?

Se ancora non ti è chiara la natura essenziale dello Stato, è arrivato il momento di schiarirsi le idee. Ogni sistema politico è un racket, gestito da e a vantaggio degli elementi meno raccomandabili di qualsiasi società, utilizzando quei metodi che, a qualsiasi persona onesta, appaiono esprimere le più infime qualità del comportamento degli esseri umani. Mentire, minacciare, usare la forza, uccidere, corrompere, ingannare, queste sono caratteristiche talmente ricorrenti nella vita politica che oramai non ci si fa più caso. E nonostante ciò. Se tuo figlio crescendo mostrasse tali caratteristiche tu avresti tutte le ragioni nel considerati un genitore fallito!

Le scuole statali ci hanno condizionati all’idea, formulata molto tempo fa da Thomas Hobbes, che senza la direzione e la supervisione dello Stato, le nostre esistenze sarebbero “orrende, brutali e brevi.” Ci è stato detto che, pur essendo incapaci di gestire le nostre vite, noi siamo capaci di eleggere dei capi saggi che lo fanno per noi! Noi abbiamo appreso a recitare le formule del nostro catechismo socio-politico senza fare una piega. Noi ridiamo delle nozioni di “correttezza politica” senza renderci conto che ci stiamo prendendo in giro da soli: il nostro cervello è diventato niente di più che il contenitore di un insieme di credenze contraddittorie e di banalità assolute sulla necessità di accettare il dominio politico sulle nostre vite. Quanti tra di noi, pur irridendo a qualche assurdità burocratica, sono preparati ad ammettere che l’insieme della politica è un qualcosa di assurdo? I vestiti nuovi dell’Imperatore è un racconto che tutti i genitori dovrebbero non solo leggere ai propri figli ma anche discuterne con loro il significato e la rilevanza.

La “Guerra contro il Terrorismo” è l’espressione più evidente del fallimento dello Stato di promuovere una società che viva in maniera armoniosa e ordinata. Facendo sempre meno presa sulle menti e sui cuori di un numero crescente di Americani, lo Stato ha deciso di fare ricorso alla paura diffusa e alla violenza per sostenere la propria autorità. In tal modo ha rivelato le proprie inclinazioni terroristiche, il “lato oscuro” del proprio essere che preferisce proiettare su altri.

Ci sono parecchie persone per molti versi intelligenti che affermano che gli attacchi dell’11 Settembre non sono stati provocati dalle politiche e dalle pratiche del governo degli Stati Uniti ma da un qualche insieme di malvagità, irascibilità e invidia culturale! Secondo queste persone, una dozzina e più di “terroristi” hanno complottato in tutti i dettagli e messo in atto la distruzione del World Trade Center - ben sapendo che nel corso di tale azione essi sarebbero tutti morti - avendo come motivazione il puro e semplice risentimento del fatto che noi Americani abbiamo MTV e i jeans Calvin Klein e che le donne possono apparire in pubblico abbastanza discinte. In sostanza, il loro ragionamento logico è come un castello di carta che si basa su nient'altro che la convinzione: “noi” siamo “buoni,” invece “loro” sono “cattivi.”

Questi stessi imbonitori sono pronti a condannare qualsiasi persona che avanzi dubbi sulla validità della linea di partito. Accennare al fatto che tali attacchi sono sorti come reazione alle politiche del Governo Federale Americano rappresenta, secondo loro, una giustificazione degli attacchi; una proposizione che è indice non solo di bancarotta intellettuale ma anche della loro ignoranza della “terza legge del moto” di Newton.  Le donne e gli uomini che sono morti nella distruzione del WTC non “meritavano” di morire come non lo meritavano coloro che sono morti a seguito di un terremoto o di un tornado. Se una persona parla in maniera intelligente di questi avvenimenti, tale persona dovrebbe mostrare il rispetto dovuto alla distinzione tra cause e giustificazioni.

Ma la trasparenza intellettuale non è ciò di cui si preoccupano questi apologisti dello statismo. Io ho il sospetto che essi siano consapevoli delle implicazioni più profonde che questi attacchi hanno per quanto concerne il futuro dello Stato. L’ordine e la libertà che la maggior parte delle persone sono state condizionate ad attendersi da sistemi politici strutturati gerarchicamente sono stati messi in serio dubbio da un gruppo di persone armate solo di apriscatole.  Molti di coloro che sono stati indottrinati a credere che uno Stato potentissimo sarebbe stato capace di proteggerli da qualsiasi minaccia, stanno adesso iniziando a porsi quel tipo di domande che hanno accantonato al tempo in cui frequentavano i campi-gioco della scuola statale.

Dopo un secolo che è stato testimone della morte di circa 200 milioni di persone in guerre e pratiche di sterminio prodotte dallo Stato; dopo essersi resi conto di come i politici hanno manipolato i conflitti e le crisi per promuovere il potere dello Stato, molti di noi hanno iniziato a guardare altrove alla ricerca della pace, della libertà e dell’ordine che non si trova nei sistemi politici. Ma, per gli statisti queste ricerche vanno scoraggiate. E allora assistiamo ad una serie di attacchi al pensiero “libertario” più recente - alcuni attacchi provenienti addirittura da coloro che sostengono di nutrire inclinazioni libertarie. Quelli di noi che capiscono che la guerra è sempre stata la minaccia più grave alla libertà, sono stati accusati di essere “persone che odiano l’America,” "illusi,” “anti-Americani,” “ingenui,” e “contro il libero mercato,” da uomini e donne con un senso più ristretto di cosa significhi vivere in libertà.

Noi possiamo solo fare congetture sulla visione dell’umanità che hanno coloro che possono, contemporaneamente,  essere a favore del mercato come regolatore dei nostri bisogni economici mentre sostengono un sistema di guerra che nega valore agli esseri umani. Ritengono essi che l’esercizio collettivo di una forza assassina rappresenti l’essenza dei valori umani? I missili, gli eserciti invasori, e i bombardieri F-16 sono forse ciò che essi concepiscono come forze del mercato? Dovrebbe questo diventare il mantra di un matrimonio incestuoso tra il sistema politico e quello economico - stampato sulle magliette di un presunto centro studi libertario - "General Electric: amala o vattene"? (“General Electric: Love It or Leave It”)

Forse l’attacco più stupido al pensiero libertario è arrivato dal conservatore Francis Fukuyama, un uomo che dopo aver pronosticato erroneamente la “fine della storia” non si è lasciato intimorire dall’offrire questa totalmente contraddittoria banalità:  dopo aver notato “l’ostilità dei libertari a governi mastodontici,” egli ha dichiarato:

“I fatti dell’11 Settembre hanno posto fine a questa tesi. Essi hanno richiamato gli Americani al perché esiste il governo, e perché esso deve tassare i cittadini e spendere i soldi per promuovere l’interesse collettivo. Noi possiamo contare solo sul governo, e non sul mercato o sugli individui, per mandare pompieri all’interno di un edificio in fiamme, o combattere terroristi, o controllare i passeggeri negli aeroporti. I terroristi non hanno attaccato gli Americani in quanto individui, ma i simboli del potere Americano come il World Trade Center e il Pentagono.” [enfasi aggiunta]

Uno deve proprio armarsi di santa pazienza e avanzare tutte le scuse possibili a difesa del Signor Fukuyama per spiegare questo assurdo paragrafo. Forse vi erano buchi nella sua conoscenza sia della storia che della biologia evolutiva quando egli ha dichiarato, precedentemente, che il processo storico era terminato; o forse, come molti altri, le sue conoscenza degli elementi di base della fisica, della chimica o dell’ingegneria ostacolavano le sue capacità di comprendere il meccanismo della causalità. In aggiunta a ciò forse i suoi genitori quando era piccolo non gli hanno mai letto “I nuovi vestiti dell’imperatore.” Il fatto che egli non capisca che le sue stesse parole confermano la critica dei libertari allo Stato è quanto mai degno di nota. L’11 Settembre “i terroristi hanno attaccato … i simboli del potere Americano” e questo sarebbe il motivo per il quale la critica libertaria dello Stato sarebbe errata? Forse il signor Fukuyama dovrebbe leggere le affermazioni del signor Pavitt non solo sull’11 Settembre ma quelle sulla capacità dello Stato di prevenire futuri attacchi!

C’è disperazione nelle voci di quelle persone favorevoli allo Stato che sperano che, semplicemente dichiarando morto il pensiero libertario, essi sgombereranno il campo per quella che è la premessa di base della loro visione sociale: l’assoggettamento degli esseri umani al dominio dello Stato. Essi possono avere idee differenti sulla quanta libertà concedere ad ognuno di noi - di modo che noi possiamo godere della illusione della libertà - ma tutti loro condividono quella caratteristica mentale così bene individuata da Hayek: “una paura nei confronti di forze sociali non soggette a controlli.”

Questa mole di scritti riguardo alla fine del pensiero libertario, ci fa pensare non solo al richiamo di Shakespeare nei confronti di coloro che “protestano troppo” ma anche alle parole di Mark Twain che riferendosi alle voci di stampa che annunciavano il suo avvenuto decesso affermava che la notizia era “notevolmente esagerata.” Ci sono pii desideri e non credibili realtà in queste valutazioni, non diversamente dalle illusioni dei fans di Elvis che ci vorrebbero far credere che in realtà egli è ancora vivo.

Qualunque sia lo standard di misura con il quale giudichi l’efficacia di qualsiasi sistema, lo Stato è una entità irrilevante. Né la tua salute, o il tuo benessere economico, o l’educazione dei tuoi figli, o la protezione della tua vita e dei tuoi beni, sono in qualche modo agevolati dallo Stato: al contrario, tali interessi sono minacciati dalle istituzioni politiche. Riguardo ad una delle ultime funzioni a cui rimangono attaccati i difensori dello Stato - e cioè la difesa nazionale - gli eventi dell’11 Settembre hanno mostrato l’inutilità dello Stato, un fatto che trova conferma nelle parole del responsabile della Cia sopra menzionate.

Lo Stato può non essere in grado di sopravvivere in un mondo fatto di comunicazione globale immediata, presa di decisioni decentralizzata e realtà virtuali computerizzate. Se è così la sua fine non avverrà per mezzo di “terroristi” o di rivoluzionari violenti, ma scaturirà da un senso di stanchezza; lo Stato semplicemente cesserà di interessare. Le persone a favore dello stato lo capiscono. Loro sanno che, in un mondo di divertimenti in gara tra di loro, essi devono mettere in scena uno spettacolo unico alla Cecil B. DeMille - una guerra infinita contro tutto il mondo - se vogliono che gli spettatori siano invogliati a comprare il biglietto.

Al tempo in cui da ragazzo lavoravo nella fattoria di mio zio, mi ricordo di averlo visto tagliare la testa ai polli. I pennuti si agitavano muovendo le ali, spandendo il sangue dappertutto dove li portava il loro corpo prima di morire. Essi facevano una confusione e un baccano notevole, facendo credere, a me ragazzo, che il loro comportamento fosse finalizzato a qualche cosa. Ma il destino dei polli era segnato. Così, io credo, anche quello dello Stato, che tenta di uscire dalla scena con la stessa sanguinosa fanfara come i polli.

In questa età di sistemi decentralizzati, allo Stato rimane una sola cosa da fare, una cosa che riceverebbe l’immediata approvazione delle persone libere: togliersi dai piedi. Le sue funzioni non sono più rilevanti in un mondo complesso e interrelato. I politici, i burocrati, i poliziotti, i giudici, i secondini, gli esattori delle tasse, tutti in blocco, sarebbero allora liberi dai pesi del “servizio pubblico.” Essi potrebbero quindi ritornare alle loro case e, nelle parole di Lysander Spooner, “accontentarsi di esercitare soltanto quei diritti e poteri che la natura ha attribuito loro in comune con il resto del genere umano.” (A Letter to Congressman Thomas Bayard, 1882) 

 


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