Gian Piero de Bellis

Violenza – Nonviolenza – Intolleranza - Spiritualità
Introduzione

(2020)

 



Note

Antologia Libertaria. Introduzione al tema : Violenza – Nonviolenza – Intolleranza - Spiritualità.

 


 

L'alone di violenza che circonda il solo pronunciare il termine anarchia è qualcosa che ha a che fare più con il successo propagandistico dello stato e del potere in generale che con la realtà attuale dei fatti.

Innanzitutto perché le violenze commesse da anarchici o presunti tali sono, per numero ed efferatezza, di gran lunga inferiori a quelle commesse dal potere politico (gli stati con le loro guerre, i loro campi di sterminio, espulsioni e reclusioni di massa). Anche il potere economico, il capitalismo padronale e il capitalismo di stato, si sono resi responsabile di violenze inaudite attraverso repressioni selvagge di molti tentativi di emancipazione dei lavoratori e di autonomia delle popolazioni colonizzate. Si calcola che l'impero economico-coloniale personale di Leopoldo II, re del Belgio, lo Stato Libero del Congo, sia stato teatro di uccisioni che hanno fatto, secondo alcune stime, da cinque a otto milioni di vittime. (Adam Hochschild, King Leopold's Ghost, 1998).

In secondo luogo perché, pur se la storia dell'anarchia è caratterizzata da alcuni attentati e dall'uccisione di taluni personaggi statali di rilievo, l'anarchia come concezione presentata dai suoi maggiori esponenti accetta la violenza solo quando essa è inevitabile, vale a dire come difesa personale di una violenza che si sta subendo (Documento 51). Addirittura, vi sono parecchi esponenti anarchici, primo fra tutti Tolstoj, che rifiutano l'impiego della violenza anche in questi casi, senza però che questo significhi rassegnata accettazione.

Infatti il rifiuto della violenza non significa affatto passività e ignavia. Anzi, molti interventi coraggiosi sono stati messi in atto da persone non violente dotate di una profonda spiritualità e religiosità. Per cui, anche l'opposizione accesa contro la religione che caratterizza ancora parecchi anarchici risulta essere qualcosa di totalmente fuori luogo in tutti i casi in cui la religione non è utilizzata come giustificazione e puntello del potere.

Persino in un pensatore classico come Bakunin, che molto ha detto e scritto contro Dio e la religione utilizzati a fini di potere, troviamo tracce di profonda spiritualità e religiosità. In una lettera alle sue sorelle scritta nel 1836 troviamo espressi questi sentimenti: “Lasciate che la religione diventi la base e la realtà della tua vita e delle tue azioni, ma fa che sia quella pura e determinata caratterizzata da una ragione e da un amore divini... Se la religione e una vita interiore appaiono in noi, allora diventiamo consapevoli della nostra energia, perché sentiamo che Dio è in noi, quello stesso Dio che crea un nuovo mondo, un mondo di assoluta libertà e di assoluto amore. . . . e questo è il nostro obiettivo”. (Documento 46)

Va poi detto che lo slogan diventato tanto famoso presso gli anarchici, “Né Dio Né Padrone”, non è stato il frutto di un appartenente al movimento anarchico ma del rivoluzionario Louis Auguste Blanqui, nel 1880. Blanqui era interessato alla conquista del potere politico da parte di un piccolo gruppo di rivoluzionari di professione che avrebbero introdotto una dittatura in nome del popolo. Nulla quindi di libertario. Tanto è vero che il giornale Il Popolo d'Italia, fondato da Mussolini nel 1914 per sostenere l'entrata in guerra dell'Italia, riportava nel suo frontespizio una citazione presa da Blanqui: Chi ha del ferro ha del pane.

È infine degno di nota il fatto che molti atti di violenza sono stati compiuti da persone che avevano accumulato una carica di rabbia contro la società e il potere e che l'hanno espressa caricandola poi di motivazioni sociali. In altri casi è stato il potere stesso che si è servito di individui dalla personalità debole e facilmente plagiabile per far loro commettere atti efferati che avrebbero costituito il pretesto necessario per introdurre misure repressione in nome della sicurezza dei cittadini. Come ha sostenuto Ignazio Silone, "l'arte dei complotti e attentati è piuttosto delicata e non può essere lasciata al caso. I complotti e attentati meglio riusciti sono naturalmente quelli che prepara la polizia." (La scuola dei dittatori, 1937).

Nel suo Le mouvement anarchiste en France, Jean Maitron puntualizza che un giornale anarchico come La Révolution sociale era nato e veniva finanziato dalla polizia agli ordini del prefetto L. Andrieux. Lo stesso prefetto, nel suo libro Souvenirs d'un préfet de police (Memorie di un prefetto di polizia) ha spiegato il motivo che lo aveva spinto a fare ciò: “Dare un giornale agli anarchici era come piazzare un ricevitore d'ascolto tra la stanza dei cospiratori e i locali della Prefettura.” (1885)

Con il progresso tecnologico e la messa a disposizione delle persone di strumenti sempre più validi di diffusione delle informazioni e di possibilità di organizzarsi contro gli arbitri e i soprusi del potere, il ricorso a qualsiasi tipo di violenza ha perso e perde progressivamente di attrattiva, necessità, funzionalità.

Alexander Berkman è stato estremamente esplicito a tale riguardo: “L'esperienza ha insegnato loro [agli anarchici] che, sebbene tali metodi possano essere stati giustificati e utili in passato, le moderne condizioni di vita li rendono inutili e persino dannosi per la diffusione delle loro idee.” (Documento 53).

In sostanza, al giorno d'oggi, rispondere con violenza alla violenza, è:
- tatticamente sbagliato: la repressione del potere è più forte del ribellismo individuale o di un gruppo;
- strategicamente controproducente: allontana e respinge invece di avvicinare e attrarre;
- culturalmente errato: non permette di distinguere tra il potere e il non potere, ma fa apparire quest’ultimo come un nuovo, temibile e brutale, futuro potere.

La prefigurazione di nuovi rapporti tra le persone si basa invece su:
- principio di non aggressione
- libertà e volontarietà delle scelte
- reciprocità e solidarietà nelle interazioni sociali.
E tutto ciò non ha nulla a che vedere con la violenza e con l’intolleranza.

 


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