Gli anarchici non si attendono nulla dalla politica e dalla lotta politica che altro non è che una lotta tra bande (i Partiti) avente come obiettivo la conquista del potere (lo Stato).
La loro attenzione invece si concentra sull’organizzazione economica e sociale. In particolare, sulla produzione per il soddisfacimento dei bisogni. Questo è per essi lo scopo dell’economia.
Dall’analisi dell’economia emergono alcuni punti fermi della concezione anarchica:
- Il prezzo dei beni e servizi regolato dal costo di produzione (Josiah Warren, documento 27) e non da quanto il venditore può ricavare o estorcere dal compratore. Altrimenti, situazioni di bisogno e di scarsità create artificialmente sarebbe all’ordine del giorno. E questo è quanto avviene nella realtà corrente con la formazione di monopoli e oligopoli favorita dalle politiche statali attraverso l’introduzione di barriere al commercio, l’assegnazione di patenti e brevetti, lo stoccaggio e la distruzione di merci (ad es. prodotti agricoli) per mantenere un prezzo elevato, e via discorrendo.
- Il denaro come semplice e comodo mezzo per facilitare gli scambi attraverso l’istituzione di una Banca di Scambio che fa sì che i prodotti del lavoro diventino moneta contante (Pierre-Joseph Proudhon, documento 29). In sostanza nulla a che vedere con la realtà corrente in cui il denaro è impiegato come forma di accumulo di ricchezze, per la manipolazione del cambio tra monete, per il prestito a tassi più o meno elevati, e altre forme di utilizzo del tutto parassitarie e negative (William Batchleder Greene, documento 30).
- Il debito statale come debito contratto da ladri ed assassini (Lysander Spooner, documento 31) per fare la guerra, e l’emissione di moneta sotto il controllo dello Stato utilizzata per foraggiare parassiti economici e clientele politiche.
In vari scritti gli anarchici, in particolare Kropotkin (documento 34) avanzano tutta una serie di proposte quali, ad esempio:
- L’abolizione delle dogane e di tutte le barriere al commercio
- La riduzione massiccia della giornata lavorativa
- Lo sviluppo e l’introduzione di congegni automatici che alleviano il lavoro
- La fine dei brevetti statali che ostacolano il progresso industriale
- La formazione di cooperative di produttori
- La coltivazione di orti urbani e l’integrazione tra attività industriali e attività agricole
- La nascita di piccole industrie e la loro dispersione su tutto il territorio
In sostanza proposte del tutto ragionevoli che qualsiasi persona di buon senso, di fronte a situazioni di gigantismo abnorme, indebitamento crescente e crisi ricorrenti, avrebbe dovuto o dovrebbe prendere in seria considerazione.
In linea generale, i valori di base della concezione anarchica in economia sono:
- Volontarietà: fine della sottomissione a un padrone e autogestione della produzione
- Mutualità: fine degli squilibri negli scambi, reciprocità e mutuo appoggio
- Frugalità: fine della crescita illimitata della produzione, degli sprechi e della distruzione delle risorse naturali.
Tutto ciò non vuole affatto dire ritorno ad un passato artigianale pre-industriale da glorificare, perché esso era fatto anche di scarsità di beni prodotti e di duro lavoro per la sopravvivenza.
In effetti ciò che i pensatori anarchici prefigurano è un superamento dei vincoli economici posti dallo Stato (potere politico) in combutta con i padroni (potere economico) di modo che tutti possano condurre non solo una vita economicamente dignitosa ma anche ricca di significato.