Nota
In questo articolo di Gramsci di critica ad un precedente intervento di un anarchico che scrive sotto lo pseudonimo di For Ever troviamo l'irreconcilibile differenza di strategia tra il comunismo e l'anarchia. Per questo, coloro che, dopo l'esperienza bolscevica, non solo si definiscono anarchici e comunisti ma che vorrebbero che l'anarco-comunismo fosse la posizione dominante dell'anarchia, hanno sviato e continuano a sviare la concezione e la pratica anarchica.
28 giugno - 5 luglio 1919
Pubblichiamo questo articolo di For Ever nonostante esso sia una farragine di spropositi marchiani e di amenità fraseologiche. Per For Ever, lo Stato di Weimar è uno Stato marxista; noi de L’Ordine Nuovo siamo statolatri, vogliamo lo Stato ab aeterno (For Ever voleva dire in aeternum, evidentemente); lo Stato socialista è una cosa medesima col socialismo di Stato; sono esistiti uno Stato cristiano e uno Stato plebeo di Caio Gracco; il Soviet di Saratov potrebbe vivere senza coordinare la sua produzione e la sua attività di difesa rivoluzionaria col sistema generale dei Soviet russi, ecc. Tante affermazioni, tante corbellerie, che vengono presentate come una difesa dell’anarchia. Tuttavia pubblichiamo l’articolo di For Ever.
For Ever non è solo un individuo: è un tipo sociale. Da questo punto di vista non deve essere trascurato: deve essere conosciuto, studiato, discusso e superato. Lealmente, amichevolmente (l’amicizia non può essere disgiunta dalla verità, e da tutte le asprezze che la verità comporta). For Ever è un pseudorivoluzionario: chi basa la propria azione sulla mera fraseologia ampollosa, sulla frenesia parolaia, sull’entusiasmo romantico è solo un demagogo, non è un rivoluzionario. Sono necessari, per la rivoluzione, uomini dalla mente sobria, uomini che non facciano mancare il pane nelle panetterie, che facciano viaggiare i treni, che provvedano le officine di materie prime e trovino da scambiare i prodotti industriali coi prodotti agricoli, che assicurino l’integrità e la libertà personale dalle aggressioni dei malviventi, che facciano funzionare il complesso dei servizi sociali e non riducano alla disperazione e alla pazza strage interna il popolo. L’entusiasmo verbale e la sfrenatezza fraseologica fanno ridere (o piangere) quando uno solo di questi problemi deve essere risolto anche solo in un villaggio di cento abitanti.
Ma For Ever, pur essendo un tipo, non è tutti i libertari. Nella redazione de L’Ordine Nuovo contiamo un comunista libertario: Carlo Petri. Col Petri la discussione è su un piano superiore: coi comunisti libertari come il Petri il lavoro in comune è necessario e indispensabile: essi sono una forza della rivoluzione. Leggendo l’articolo del Petri pubblicato nel numero scorso e quello di For Ever che pubblichiamo in questo numero – per fissare i termini dialettici dell’idea libertaria: l’essere e il non essere – abbiamo steso queste osservazioni. Naturalmente i compagni Empedocle e Caesar, ai quali il Petri direttamente si riferisce, sono liberi di rispondere per conto loro.
Il comunismo si realizza nell’Internazionale proletaria. Il comunismo sarà solo quando e in quanto sarà internazionale. In tal senso il movimento socialista e proletario è contro lo Stato, perché è contro gli Stati nazionali capitalistici, perché è contro le economie nazionali, che hanno la loro sorgente di vita e traggono forma dallo Stato nazionale.
Ma se nell’Internazionale comunista verranno soppressi gli Stati nazionali, non verrà soppresso Io Stato, inteso come “forma” concreta della società umana. La società come tale è una pura astrazione. Nella storia, nella realtà viva e corporea della civiltà umana in isviluppo, la società è sempre un sistema e un equilibrio di Stati, un sistema e un equilibrio di istituzioni concrete, nelle quali la società acquista consapevolezza del suo esistere e del suo svilupparsi, e per le quali soltanto esiste e si sviluppa.
Ogni conquista della civiltà diventa permanente, è storia reale e non episodio superficiale e caduco, in quanto si incarna in una istituzione e trova una forma nello Stato. L’idea socialista è rimasta un mito, una evanescente chimera, un mero arbitrio della fantasia individuale fin quando non si è incarnata nel movimento socialista e proletario, nelle istituzioni di difesa e di offesa del proletariato organizzato: in esse e per esse ha preso forma storica e ha progredito; da esse ha generato lo Stato socialista nazionale, disposto e organizzato in modo da essere capace di ingranarsi con gli altri Stati socialisti: condizionato anzi in modo tale da essere capace di vivere e di svilupparsi solo in quanto aderisca agli altri Stati socialisti per realizzare l’Internazionale comunista nella quale ogni Stato, ogni istituzione, ogni individuo troverà la sua pienezza di vita e di libertà.
In questo senso il comunismo non è contro lo “Stato,” anzi si oppone implacabilmente ai nemici dello Stato, agli anarchici e ai sindacalisti anarchici, denunziando la loro propaganda come utopistica e pericolosa alla rivoluzione proletaria.
Si è costruito uno schema prestabilito secondo il quale il socialismo sarebbe una “passerella” all’anarchia; è questo un pregiudizio scemo, una arbitraria ipoteca del futuro. Nella dialettica delle idee, l’anarchia continua il liberalismo, non il socialismo; nella dialettica della storia, l’anarchia viene espulsa dal campo della realtà sociale insieme col liberalismo. Quanto più la produzione dei beni materiali si industrializza e alla concentrazione del capitale corrisponde una concentrazione di masse lavoratrici, tanto meno aderenti ha l’idea libertaria. Il movimento libertario è ancora diffuso dove continua a prevalere l’artigianato e il feudalismo terriero; nelle città industriali e nelle campagne a cultura agraria meccanica, gli anarchici tendono a sparire come movimento politico, sopravvivendo come fermento ideale. In tal senso l’idea libertaria avrà un suo compito da svolgere ancora per un pezzo: essa continuerà la tradizione liberale in quanto ha imposto e ha realizzato conquiste umane che non devono morire col capitalismo.
Oggi, nel trambusto sociale determinato dalla guerra, pare che l’idea libertaria abbia moltiplicato il numero dei suoi aderenti. Non crediamo che sia una gloria dell’idea. Il fenomeno è di regressione: nelle città sono immigrati elementi nuovi, senza cultura politica, non allenati alla lotta di classe nella forma complessa che la lotta di classe ha assunto con la grande industria. La fraseologia virulenta degli agitatori anarchici ha facile presa su queste coscienze istintive e antelucane; ma niente di profondo e di permanente crea la fraseologia pseudorivoluzionaria. E chi domina, chi imprime alla storia il ritmo del progresso, chi determina l’avanzata sicura e incoercibile della civiltà comunista, non sono i “ragazzacci”, non è il Lumpenproletariat, non sono i bohémiens, i dilettanti, i romantici capelluti e frenetici, ma sono le masse profonde degli operai di classe, i ferrei battaglioni del proletariato consapevole e disciplinate.* * *
Tutta la tradizione liberale è contro lo Stato.
La letteratura liberale è tutta una polemica contro lo Stato. La storia politica del capitalismo è caratterizzata da una continua e furiosa lotta tra il cittadino e lo Stato. Il Parlamento è l’organo di questa lotta; e il Parlamento tende appunto ad assorbire tutte le funzioni dello Stato, cioè a sopprimerlo, svuotandolo di ogni potere effettivo poiché la legislazione popolare è rivolta a liberare gli enti locali e gli individui da ogni servitù e controllo del potere centrale.
Questa azione liberale rientra nell’attività generale del capitalismo rivolto ad assicurarsi più solide e garantite condizioni di concorrenza. La concorrenza è la nemica più acerrima dello Stato. La stessa idea dell’Internazionale è d’origine liberale; Marx la assunse dalla scuola di Cobden e dalla propaganda per il libero scambio, ma criticamente. I liberali sono impotenti a realizzare la pace e l’Internazionale, perché la proprietà privata e nazionale genera scissioni, confini, guerre, Stati nazionali in conflitto permanente tra di loro.
Lo Stato nazionale è un organo di concorrenza: sparirà quando la concorrenza sarà soppressa e un nuovo costume economico sarà stato suscitato attraverso le esperienze concrete degli Stati socialisti.
La dittatura del proletariato è ancora uno Stato nazionale e uno Stato di classe. I termini della concorrenza e della lotta di classe sono spostati, ma la concorrenza e le classi sussistono. La dittatura del proletariato deve risolvere gli stessi problemi dello Stato borghese: di difesa esterna ed interna. Queste sono le condizioni reali obbiettive con le quali dobbiamo fare i conti: ragionare e operare come esistesse già l’Internazionale comunista, come fosse già superato il periodo della lotta tra Stati socialisti e Stati borghesi, della concorrenza spietata tra le economie nazionali comuniste e quelle capitalistiche, sarebbe un errore disastroso per la rivoluzione proletaria.
La società umana subisce un processo rapidissimo di decomposizione coordinato al processo dissolutivo dello Stato borghese. Le condizioni reali obbiettive in cui si eserciterà la dittatura proletaria saranno condizioni di un tremendo disordine, di una spaventosa indisciplina. Si rende necessaria la organizzazione di uno Stato socialista saldissimo, che arresti quanto prima la dissoluzione e l’indisciplina, che ridia una forma concreta al corpo sociale, che difenda la rivoluzione dalle aggressioni esterne e dalle ribellioni interne.
La dittatura proletaria deve, per le sue necessità di vita e di sviluppo, assumere un carattere accentuato militare. Ecco perché il problema dell’esercito socialista diventa uno dei più essenziali da risolvere; e diventa urgente, in questo periodo prerivoluzionario, cercare di distruggere le sedimentazioni di pregiudizio determinate dalla passata propaganda socialista contro tutte le forme della dominazione borghese.
Dobbiamo, oggi, rifare l’educazione del proletariato: abituarlo all’idea che per sopprimere Io Stato nell’Internazionale è necessario un tipo di Stato idoneo al conseguimento di questo fine, che per sopprimere il militarismo può essere necessario un tipo nuovo di esercito. Ciò significa addestrare il proletariato all’esercizio della dittatura, all’autogoverno. Le difficoltà da superare saranno moltissime e il periodo in cui queste difficoltà rimarranno vive e pericolose non si può prevedere come di breve durata. Ma se anche lo Stato proletario dovesse esistere per un giorno solo, dobbiamo lavorare affinché esso trovi condizioni di esistenza idonee allo svolgimento del suo compito, la soppressione della proprietà privata e delle classi.
Il proletariato è poco esperto dell’arte di governare e di dirigere; la borghesia opporrà una resistenza formidabile, aperta o subdola, violenta o passiva allo Stato socialista. Solo un proletariato educato politicamente, che non si abbandoni alla disperazione e alla sfiducia per i rovesci possibili e inevitabili, che rimanga fedele e leale al suo Stato nonostante gli errori che singoli individui possono commettere e i passi indietro che le condizioni reali della produzione possono imporre, solo un simile proletariato potrà esercitare la dittatura, liquidare l’eredità malefica del capitalismo e della guerra e realizzare l’Internazionale comunista. E per la sua natura, lo Stato socialista domanda una lealtà e una disciplina diverse ed opposte a quelle che domanda Io Stato borghese. A differenza delle Stato borghese che è tante più forte all’interno e all’esterno quanto meno i cittadini controllano e seguono l’attività dei poteri, lo Stato socialista domanda la partecipazione attiva e permanente dei compagni alla vita delle sue istituzioni. Bisogna inoltre ricordare che lo Stato socialista è il mezzo per mutamenti radicali, non si muta di Stato con la semplicità con cui si muta il governo. Un ritorno alle istituzioni passate vorrà dire la morte collettiva, lo sfrenarsi di un terrore bianco senza limiti di sangue: nelle condizioni create dalla guerra, la classe borghese avrebbe interesse a sopprimere con le armi i tre quarti dei lavoratori, per ridare elasticità al mercato dei viveri e rimettersi in condizioni privilegiate nella lotta per la vita agiata cui ha fatto l’abitudine. Non possono essere ammessi pentimenti di nessuna specie, per nessuna ragione.
Dobbiamo fin da oggi formarci e formare questo senso di responsabilità tagliente e implacabile come la spada di un giustiziere. La rivoluzione è una cosa grande e tremenda, non è un gioco da dilettanti o una avventura romantica.
Vinto nella lotta di classe, il capitalismo lascerà un residuo impuro di fermentazioni antistatali o che si diranno tali perché individui e gruppi vorranno esonerarsi dai servigi e dalla disciplina indispensabili al successo della rivoluzione.
Caro compagno Petri, lavoriamo a evitare ogni urto sanguinoso tra le frazioni sovversive, a evitare allo Stato socialista la necessità crudele di imporre con la forza armata la disciplina e la fedeltà, di sopprimere una parte per salvare il corpo sociale dallo sfacelo e dalla depravazione. Lavoriamo, svolgendo la nostra attività di cultura per dimostrare che la esistenza dello Stato socialista è un anello essenziale della catena di sforzi che il proletariato deve compiere per la sua emancipazione, per la sua libertà.
Qui di seguito l'articolo di For Ever (pseudonimo con tutta probabilità dell'anarchico torinese Corrado Quaglino) criticato aspramente da Gramsci.
LA BATTAGLIA DELLE IDEE
IN DIFESA DELL’ANARCHIA
Caro Ordine Nuovo
In La Taglia della storia del numero 5, vi è tutta una forte apologia, piena di lirismo, del novello “Stato Proletario”. Camminando sulla falsariga statale hai dovuto, forzatamente, arrivare alle estreme conseguenze della Statolatria; hai infangato l'Anarchia attribuendole un significato di “disordine” di “torbido” di “caos” di “miseria” di “barbarie”. Proprio come gli “illustri” economisti borghesi, consumati e inaciditi nel cattedratismo. Proprio come i “Grandi novatori socialisti maggioritari” di Germania, che vedono nel “regime soviettista” l'”Anarchia” … quale tu la vedi nel tramontato regime zaresco !!
Ciò non è strano, perché non è 'la prima volta che .questo linguaggio esce dalla ... penna di un socialista, anche rivoluzionario, anche soviettista, anche autonomista. Bisogna pensare alla rappresaglia? Gli anarchici, ed io sono uno di questi, sono avversari irreducibili e accaniti del socialismo statale, autoritario, legalitario, parlamentarista. Sanno che esso non risolve affatto la questione sociale. (Vedi lo “Stato Popolare libero” scheidemannista , nonché marxista di Weimar e di Vienna). Il programma dei marxisti di Eisenach (agosto 1869) dice: “Il partito della Social-Democrazia mira ad instaurare il “libero stato popolare”. (Quello di Weimar e di Vienna mitragliatore dei comunisti).
È logico. Noi anarchici accusiamo il socialismo statale di essere “antiproletario”, “antirivoluzionario”. Tu, che sei per questo socialismo, cataloghi l'Anarchia come “disordine” “caos” “barbarie”, ecc. La Storia ha già parlato. La Storia ha già detto da quale parte è la verità.
Venti lunghi secoli di Storia ci dicono che l'esistenza dello Stato è subordinata a alla “cecità” ed al “pecorismo” dei sudditi; che l’esistenza degli Stati provoca la guerra, la barbarie, la miseria, i perturbamenti e i disordini sociali; che è inutile e goffo parlare di eguaglianza e di libertà sino a che vi sarà uno Stato che conculcherà i diritti dei “Sudditi” (si chiamino questi cittadini o compagni, non importa); che il disordine e il caos sono di più cruenti, allorché vi sono due o più Governi o Stati che vogliono legiferare e comandare [su tutti e per tutti], e non allorché vi è “assenza” di governo, come vuole l’anarchia. Questo è l'insegnamento inconfutabile di venti secoli di storia.
Se vi sono le leggi naturali del “determinismo economico”, vi sono pure quelle del “determinismo statale”. È inutile far capitombolare uno Stato per sovrapporgliene un altro. La questione sociale, cioè l'emancipazione di tutti i servi e l'instaurazione di un regime egualitario e di libertà assoluta così, non sarà mai risoluta. Non l'ha risolta né lo Stato cristiano, né lo Stato plebeo di Caio Gracco e seguaci, né lo Stato medioevalesco, né lo Stato girondino, o giacobino o brissotiano, né lo Stato· ebertista, né lo Stato kerenskiano e cadetto e democratico e labourista, e non la risolverà neppure lo “Stato proletario”. No! No! L'Umanità non cammina verso un regime che pare “nuovo”, e da vicino è «vecchio come quello abbattuto! L'umanità cammina verso un altro regime; quello che darà all' uomo la eguaglianza e la libertà e non la ”sudditanza”, e non la “servitù” ad uno «Stato proletario forte e dominante.
La stessa Costituzione della Repubblica socialista dei Soviet russi dice: “Lo scopo principale del nuovo regime è quello di instaurare il socialismo, nel quale regime non vi saranno più le divisioni di classi, né potere dello Stato". Secondo me, la Rivoluzione proletaria Russa ha realizzato, o sta per realizzare, il concetto bakuninista della Comune (Soviet) libera, autonoma, egualitaria dei produttori... la quale non ha nulla a che vedere con lo “Stato proletario” dei politici della ... Capitale!
Ora. la Comune è la negazione schiacciante dello Stato, come lo Stato è la negazione schiacciante della Comune. Guarda: Weimar e Monaco comprovano. lo, anarchico, posso “concepire” la dittatura proletaria come garanzia della rivoluzione e del trapasso dalla società monopolista militaresca capitalistica, alla società egualitaria e libertaria dei liberi produttori e consumatori. Se vuoi, io, anarchico, posso anche concepire lo “Stato proletario” dei politici "forte e dominante”, come valvola di sicurezza delle conquiste rivoluzionarie del proletariato, del periodo di transizione e per lo schiacciamento della borghesia. Da ciò, che è nell'ordine di idee dei ·soviettisti russi, alla apologia ed alla esaltazione dello “Stato proletario” ab aeterno, ci corre!
È questione di più Stato meno Stato? No; è questione di vita e di morte, di libertà e di servitù, di rivoluzione e di reazione. Vogliamo sovrapporre una classe all'altra, o livellarle tutte! Vogliamo “scherzare” o rivoluzionare? Perché, come vi sono delle leggi meccaniche che reggono l'Universo, e come vi sono quelle economiche che reggono i regimi, vi sono anche delle leggi psicologiche che reggono l'individuo.
Io, individuo anarchico, sarò sempre oppresso sino tanto avrò sulle spalle “un potere di politici” che mi renderà, dinamicamente, “suddito". lo sarò sempre un ribelle. Non c'è punto diversità tra l'essere oppresso e massacrato dalla “blouse” e dal drappo rosso, invece che dalla “redingote” e dal tricolore. Liebknecht, Luxemburg, Landauer, Levine, e i tredici comunisti mitragliati a Vienna e tanti altri, ne sanno qualcosa! Come qualcosa ne sanno gli anarchici di Pietrogrado e di Mosca, fatti fucilare e cannoneggiare da Lenin, se questa “balla” è vera... .
Ma è proprio vero che in Russia vi è uno “Stato proletario forte e dominante”, o che non vi è quasi più Stato? lo non so. Ragiono così: i regimi militari capitalistici capitombolano allorquando il “nemico”, sia esso militaresco e borghese - e in questo caso non capitombolano affatto - sia quello vero. Il rivoluzionario, gli conquista la Capitale. Tolte le rarissime eccezioni, si può dire che questa concezione è una legge. Appunto perché la Capitale è lo Stato e viceversa.
Se Weimar, sede dello “Stato libero popolare marxista”, fosse conquistata dalle guardie rosse, come io mi auguro, tieni per certo che tutto il regime socialnazionale della Germania d'oggi, andrebbe per aria. Supponiamo ora, l'ipotesi è disperata ed io non la penso nemmeno, che le guardie bianche, cioè la reazione e la controrivoluzione, si impadroniscano di Mosca, che, secondo te, dovrebbe essere sede dello “Stato proletario forte e dominante”, credi tu che la caduta della città causerebbe la caduta del regime soviettista? Nemmeno per sogno. Il “Determinismo statale” vale per la società borghese e sociaI-borghese che poggia sullo Stato ... senza aggettivi; non per una società di cento e più milioni di individui che ha realizzato il Soviet, vale a dire la Comune libera, autonoma, egualitaria dei produttori e dei' “consumatori”, non dei “politici”. Caduta Mosca e Pietrogrado, resisteranno le Comuni (Soviet) di Saratof, di Jecaterinoslaw, di Sebastopoli, di Odessa, ecc. anche se lo ”Stato proletario” di Mosca “ordinerà” la capitolazione di tutti i Soviet. . .
Se questa catastrofe avvenisse (io dico che non è possibile, “nom de dieu!”!) ci direbbe che in regime soviettista lo Stato, quando c'è, conta poco ed è nulla.
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Siamo in un periodo storico nel quale cadono ad una ad una tutte le ideologie borghesi, democratiche, wilsoniane, legalitarie, riformistiche e stataliste. Si, anche l'ideologia statale, anche l'idolatria dello Stato, e di quello proletario, cade. Leggi quel che Lenin diceva nel suo discorso del 29 aprile 1918. Lenin diceva: “In un paese agricolo, che solo da un anno ha rovesciato lo zarismo e da meno di sei mesi si è emancipato da Kerenski, rimane da vincere l'anarchismo, che viene per di più rafforzato da queI rinselvatichimento che ogni guerra reazionaria porta con sé. Occorre quindi un lavoro tenace e costante, dei migliori operai coscienti di classe e dei contadini per produrre un radicale mutamento negli spiriti delle mosse.
“Lo Stato, che per secoli fu strumento di oppressione e di saccheggio del popolo, ha destato nelle masse popolari, la massima diffidenza contro tutto ciò che è statale. Contro questo dato d'animo e di cose occorre ora fare una lunga ed aspra campagna”.
Non occorrono commenti. Ciò che non capisci tu, idolatra dello «Stato Proletario forte e dominante », ciò che dimostra di non aver compreso lo stesso Lenin, l'han compreso i proletari: l'ha compreso la massa, la « grande canaglia, il “Lumpenproletariat”
Ragazzaccio di un popolo che hai fatto capitombolare lo Zar e Kerenski, che hai fatto la più Grande Rivoluzione che la Storia registri, vuoi, adesso, capitombolare nell'Anarchia, abolendo e “diffidando” lo Stato!
Ragazzaccio di un popolo troppo buono, troppo giusto, troppo forte I .
...... Stato e Comune (Soviet) sono due termini che si negano a vicenda, ed è difetto di daltonismo non vederlo, come è daltonismo non vedere l'azione deleteria del riformismo e del pseudo-rivoluzionarismo.
Gli internazionalisti “terziari” che a Parigi trattano lo sciopero generale “dimostrativo” a favore dei Soviet russi e ungheresi, con i "secondari” “unionacrati” e traditori loschi del Proletariato, Thomas, Renaudel, Jouhaux, e .... De Ambris (!!), i peggiori nemici del soviettismo, non si accorgono - o fingono· di non accorgersene - che il Proletariato ha strappato i veli ai suoi «finti paladini », e li ha proclamati decaduti, come ha proclamato decaduto lo Stato.
È ben vero, purtroppo, che vi sono sempre uomini aventi una concezione limitata del Socialismo, pronti a risuscitare quanto il Proletariato e la Rivoluzione Sociale hanno abbattuto. Non importa. La storia sta tutta dalla nostra parte.
L'Anarchia, che tu adoperi come termine di “disordine”, di “barbarie”, di “miseria”, ha sedotto il buon, il grande Popolo russo ! Lenin ha dovuto invitare i “migliori operai coscienti” (in questo caso gendarmi e poliziotti bell'e buoni) per iniziare “una lunga ed aspra campagna contro lo spirito anarchico delle masse”.
Il giornalista americano Frazier Hunt, corrispondente russo della ”Chicago Tribune” ha scritto che il popolo russo “ha in sé tale spirito comunista e libertario che gli fa sopportare la fame e gli garantisce la vittoria”. L'Hunt è testimonio oculare, non bolscevico. È opinione diffusa nel mondo che la Storia non finisce a Versailles con Clemenceau, Wilson, Lloyd George. È pure opinione diffusa per il mondo che la Storia non finisce a Mosca con Lenin, Trotzki.
Si, lo “Stato Proletario forte e dominante” che è la finalità del Socialismo statale, potrà avere i suoi trionfi e i suoi allori... non sempre mondi di sangue popolano ........ .
Ma la Storia cammina, ma l'Anarchia, che è moto perenne, cammina ........ .
Quando i bolscevichi non vorranno più procedere oltre il Bolscevismo e lo “Stato Proletario”, e diverranno “conservatori”, un' Idea, che è moto perpetuo, li spingerà, e se essi si opporranno, essa li abbatterà.
Questa Idea è l' Anarchia. Sarà allora quel che è oggi tra “conservatori borghesi” e rivoluzionari. Tu vuoi fermarti allo ”Stato Proletario” e al bolscevismo, che è poco più che niente a petto del divenire sociale. lo non voglio fermarmi mai ..... Così l’Anarchia ..... Perché l'Umanità è parte integrante del Tempo e non può fermarsi. ...... lo non sono per la “fissità”. Così I’Anarchia ...... .
Oggi abbiamo il soviettismo, domani avremo l'Anarchia, dopo ....... vedremo. Ma io non voglio certo divenire “conservatore” … di un regime, neanche perfetto.
Al punto nel quale siamo oggi, cioè allo zenit della caduta dei veli e delle false ideologie e delle dannose idolatrie, vale a dire nel periodo primo della Rivoluzione Sociale, la Distruzione, l’Anarchia ha di già vinto ....
....... Nelle masse lo Stato ha fatto il suo tempo. È liquidato.
Degli uomini si danno attorno per riabilitarlo e ricostruirlo ...... .
L'Anarchia che è nata con il Popolo, nel Popolo, per il Popolo, ha di già vinto.
* * *
Ho letto nel 3° e 4° numero che tu dimostrerai e documenterai che i Martiri di Chicago non sono anarchici, ma semplicemente - Internazionalisti - (come Teodoro Moneta!)
Vuoi avere la cortesia di spendere una colonna in merito? È una bella curiosità che voglio togliermi, tanto più che credo di avere due parole da dire io pure.
In attesa, credimi tuo
FOR EVER