Nota
John Zube sottolinea lo stretto legame tra panarchia, pace e libertà. La libertà di sperimentare stili di vita e di organizzazione sociale congegnali a ciascun individuo è la caratteristica principale della panarchia. In questo modo, evitando assurde imposizioni, si generano le condizioni migliori per lo sviluppo di persone in pace con sé stesse e con tutti.
La pace e la libertà attraverso la panarchia
La panarchia non è altro che la messa in pratica di un principio anarchico di base che è stato espresso di sovente e in vari modi:
Ad esempio da Errico Malatesta con queste parole:
“Libertà dunque per tutti di propagare ed esperimentare le proprie idee, senza altro limite che quello che risulta naturalmente dall'eguale libertà di tutti.” (Il nostro programma, 1899)
Sfortunatamente, queste affermazioni di tipo generale, spesso contenute persino nelle Costituzioni di alcuni governi, possono essere interpretate e sono state in effetti interpretate in maniera diversa da anarchici, libertari e statalisti.
I panarchici sembrano essere i soli che hanno dato a questa idea della libertà una interpretazione coerentemente anarchica, volontarista, individualista.
L'analogia migliore è probabilmente quella della tolleranza religiosa in contrasto con la gerarchia religiosa. Nell'ambito della libertà di religione, ogni persona può liberamente avere e praticare il suo credo religioso accanto ai liberi pensatori, ai razionalisti, agli agnostici, agli atei e ai credenti nella religione dell'essere umano, ognuno professando, per conto suo, il proprio pensiero.
Tutti costoro possono certamente dissentire l'uno con l'altro, in maniera anche piuttosto vivace, ma solo con le parole. A parte ciò, essi coesistono in pace e lasciano ognuno indisturbato o tentano soltanto di convertire alla loro causa singoli individui.
L'equivalente panarchico a ciò, nella sfera politica, economica e sociale, è lo statalismo per gli statalisti, l'anarchia per gli anarchici, e qualsiasi altra forma di statalismo per coloro che vi credono (per tutto il tempo che essi lo accettano) e ogni tipo di organizzazione non governativa per coloro che credono nell'autogestione.
Come espresso da K.H.Z. Solneman [1]
“A ognuno il governo da lui voluto”
A cui io aggiungo “o il non governo da lui o da lei desiderato.”
L'ipotesi è che, in questo caso, i diversi gruppi avrebbero pochissime ragioni e motivazioni di essere opposti alle azioni di altri, i quali farebbero semplicemente le loro cose, da sé o per sé, e quindi solo a loro rischio e costo. L'assenza di opposizione deriverebbe dal fatto che, in questo caso, le proprie azioni che si ripercuotono solo su sé stessi, sarebbero vincolate il meno possibile da altri o non lo sarebbero affatto.
Un tale cambiamento radicale avrebbe, naturalmente, conseguenze sulle attuali lotte di partiti, sulla resistenza e sugli attentati terroristici, sulle guerre civili e le guerre tra nazioni. Tutti questi fenomeni presuppongono un dominio territoriale unico per tutti, che non tollera quasi nessuna eccezione in materia politica, economica e sociale.
Noi già abbiamo e godiamo della panarchia (anche se inconsapevoli delle implicazioni panarchiche) in molte altre sfere di vita che sono molto importanti agli occhi di tante persone; e questo, ad esempio, negli sport, nella moda, nelle diete alimentari, nei divertimenti, nelle arti, nell'artigianato, nella selezione degli impieghi e delle professioni, nella scelta di ciò che leggiamo, studiamo, insegniamo per conto nostro, negli stili di vita personalizzati, nei viaggi e nell'uso dei mezzi di trasporto, nei programmi alternativi di cura e di benessere fisico, nelle forme di organizzazione d'impresa singola o cooperativa, con una grande diversità di associazioni volontarie per una varietà di scopi, per quanto riguarda la scelta della nostra cerchia di amici, delle relazioni sessuali (anche l' opzione di scioglimento del contratto matrimoniale fa parte dell'idea panarchica), nelle religioni e nelle sperimentazioni scientifiche.
Invece, a causa di innumerevoli miti, pregiudizi ed errori, abbiamo fino ad ora esentato la sfera politica, economica e sociale da questo tipo di libertà di azione, competizione o sperimentazione.
I panarchici non sono altro che anarchici coerenti, che vogliono realizzare tale libertà anche in queste tre importanti sfere che sono state finora monopolizzate dai governi territoriali.
I panarchici si prefiggono di conseguire, attraverso questa estensione della libertà (che include anche la libertà di non essere liberi, se questo corrisponde ad una scelta personale) lo stesso tipo di vantaggi (mettendo da parte la motivazione morale), che può derivare dalla libertà di azione nelle sfere sopra menzionate, in cui la diversità di azioni è già la norma, un dato di fatto accettato, in cui ognuno fa le sue cose senza imporle agli altri, e prende questo tipo di tolleranza reciproca come qualcosa di scontato.
La panarchia significa semplicemente l'estensione della libertà di sperimentazione, della libertà di azione, a tutte le sfere – rispettando pienamente e parimenti le stesse libertà negli altri che fanno scelte differenti.
Inoltre, i panarchici sono abbastanza realisti da capire che semplici parole, per quanto abilmente combinate e presentate, non hanno un sufficiente potere di persuasione sulla maggior parte delle persone. Non lo hanno avuto negli ultimi secoli ed è improbabile che lo abbiano nei secoli a venire, e cioè il potere di persuadere tutti ad abbracciare una particolare forma di anarchia.
La panarchia è una sorta di compromesso senza compromessi. Ognuno ottiene ciò che vuole nella sua particolare sfera di vita – ma non che il suo ideale sia praticato da altri – a meno che altri non lo accettino individualmente.
La libertà di vivere la propria vita seguendo in tutto lo stile di vita preferito, assieme ad altre persone affini, indipendentemente dalle preferenze di altri, i quali parimenti attuano tra di loro il proprio stile di vita; questo sarebbe già un grande risultato, ad esempio, per gli anarchici.
Inoltre, in una simile situazione, del tutto nuova, essi non solo godrebbero della libertà di parola e di esempio per convincere altre persone ma anche della possibilità, sebbene molto piccola, di persuadere tutti ad accettare l'anarchia. Inoltre, sarebbero anche del tutto liberi di mostrare il loro tipo di anarchia e i benefici che ne possono derivare, alle persone loro prossime e a tutti gli altri osservatori.
Le loro azioni di successo, come pure i loro fallimenti, sarebbero probabilmente diffusi a livello mondiale.
Le azioni parlano meglio delle parole. Le azioni in altri paesi, culture, aree linguistiche, non hanno gli stessi poteri di persuasione, nonostante i moderni mezzi di comunicazione di massa, tali da far apparire interessanti e persuasivi modi di vita, di lavoro, di godimento e di autogestione, così come sarebbe se simili esperimenti fossero visibili accanto a noi.
E anche se tali azioni fossero criticate o disprezzate da altri, nessuno avrebbe nulla da temere da chicchessia in tali situazioni, dal momento che nessuno può imporre qualcosa agli altri.
Infatti, ognuno sarebbe libero di rifiutare tutte le pratiche che non sono di loro gradimento e, anzi, utilizzarle come deterrenti o esempi da non seguire.
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Anarchici e panarchici verso la pace e la libertà
L'appartenenza ad una qualche sorta di comunità anarchica, ad una società o cooperativa, è destinata a diventare un giorno obbligatoria?
Ai non anarchici sarà posta soltanto la scelta tra seguire l'anarchia o scomparire?
Gli anarchici sono preparati a tollerare le attività degli statalisti tra adulti consenzienti allo stesso modo in cui essi vogliono che, attualmente, gli statalisti tollerino le loro attività di anarchici?
Gli anarchici sono sufficientemente a favore di scelte individuali al punto da permettere ad altri di compiere, per tutto ciò che li riguarda, scelte differenti da quelle che farebbero gli anarchici all'interno dei loro gruppi?
Oppure gli anarchici, come la maggior parte degli statalisti autoritari, centralizzatori, omogeneizzatori, territorialisti, ecc. sono disposti a permettere che solo un tipo di presunta società ideale possa esistere in un paese in un dato momento?
Dobbiamo dunque distinguere tra anarchici volontaristi e anarchici autoritari?
Se uno crede veramente in un certo tipo di sistema, allora tende sempre ad immaginare che tutti gli altri potrebbero o dovrebbero condividere le proprie convinzioni e che un giorno tutti lo faranno.
Ma una persona dovrebbe essere disposta ad attendere tutto il tempo necessario per persuadere tutti?
Una persona dovrebbe allora rimandare la realizzazione dell'anarchia fino al momento in cui tutti sono diventati anarchici – se mai quel momento arriverà?
O non sarebbe forse meglio puntare a istituzioni alternative per tutti coloro che le desiderano, ad una autonomia delle minoranze, al fare le proprie cose a proprio rischio, finanziandole a proprie spese, lasciando al tempo stesso tutti gli altri liberi di fare le loro cose, anche se sono giudicate del tutto disdicevoli per sé stesso?
Sono essi liberi di organizzare e delimitare le loro attività in sintonia con le loro scelte, senza essere minimamente disturbati dagli anarchici che sono, a loro volta, liberi di fare le loro cose?
Se è così, allora lasciateci affermare ciò, adesso, e in maniera del tutto chiara.
Innanzitutto, in quanto realisti e sostenitori dei diritti e delle libertà anche degli altri, noi vogliamo solo l'anarchia per gli anarchici e siamo A FAVORE dello statalismo per gli statalisti, sulla base delle loro scelte libere e personali.
Dal punto di vista organizzativo questo richiederà, naturalmente, alcuni cambiamenti, precauzioni e accorgimenti.
Il solo cambiamento davvero radicale consisterebbe nella scelta volontaria di essere o meno membro di una comunità, e questo vuol dire la possibilità di secessione individuale e una organizzazione sociale non-territoriale, sulla base di contratti o leggi personali scelti dal singolo.
In altre parole:
Autonomia delle minoranze e delle maggioranze per tutti coloro che lo desiderino, basata sulla sovranità personale, in associazioni e unioni nella misura voluta da ogni singolo individuo.
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Come le comunità anarchiche possono pacificamente coesistere anche con le comunità di statalisti, rimanendo ogni individuo libero di scegliere tra di esse
Per effettuare una tale trasformazione occorre ovviamente fare a meno di tutte le presunte “soluzioni” di natura centralista, nazionalista, obbligatoria, uniforme, territoriale e maggioritaria.
Le opzioni che rimangono sono:
- Adesione volontaria ad una comunità, sulla base della secessione e associazione a livello individuale;
- Organizzazione non territoriale, con leggi personali, o accordi tra individui, cooperative, associazioni.
La scelta volontaria e l'organizzazione non territoriale devono essere presenti contemporaneamente per far sì che questa alternativa sia praticabile.
Quando le alternative sono permesse solamente su base territoriale, allora abbiamo a che fare solo con stati-nazione, a scala ridotta, o ghetti di vario tipo, riserve, campi di concentramento e sistemi di deportazione, al fine di ottenere “l'integrità territoriale” e l'uniformità voluti, il che non ha nulla a che vedere con la libertà individuale.
Dal momento che non vi è nulla di assolutamente nuovo sotto il sole, ci si dovrebbe attendere, di regola, che in un certo periodo, in una certa regione, tra certe persone, una simile alternativa sia già stata messa in atto in una certa qual misura e per un determinato periodo.
Se uno non fa affidamento solo a storici nazionalisti, centralisti e statalisti, allora si possono trovare davvero un certo numero di precedenti storici e persino di pratiche correnti in sintonia con l'alternativa “panarchica”, per tanti diversi “governi” o libere società come desiderato dai loro clienti, consumatori o sudditi, o, se volete, per la sovranità del consumatore anche nei confronti di servizi o disservizi governativi.
La panarchia cerca di individuare tutti i precedenti storici e le future possibilità di questo tipo e tutte le teorie fin qui prospettate su questi temi, e tenta di svilupparli ulteriormente, al fine di dar vita ad una filosofia della libertà nella sfera politica, economica e sociale che alimenterebbe le energie creative di ciascuno all'interno della propria cerchia, liberando al tempo stesso o generando nuove opzioni che contrasterebbero tutti i privilegi, monopoli, coercizioni, imposizioni e aggressioni.
Perché i panarchici non immaginano solo che le persone non-violente dovrebbero essere libere di fare le loro cose, ma anche che tutte le persone dovrebbero essere libere di resistere agli aggressori e di proteggere i loro stili di vita in vari modi e con la giusta determinazione, e che collaborino tra di loro in tale resistenza e in questi molteplici sforzi volti a salvaguardare la loro libertà.
La libertà ha un numero maggiore e migliore di risposte da offrire che non lo statalismo.
In un futuro prevedibile non possiamo contare sul fatto che tutte le persone si mettano d'accordo su un qualche metodo, ritenuto ideale, di protezione, di resistenza e di pena.
Allora, in una società organizzata secondo il metodo della panarchia, ci sarà una grande varietà di sistemi di protezione, e parecchie opzioni riguardanti la fornitura della sicurezza e l'amministrazione della giustizia, includendo, naturalmente, l'auto-difesa, i gruppi di vicinato, e ogni tipo di sistemi di giurisdizione volontaria e di arbitrato e di giurie libere, accorgimenti tutti su cui vi deve essere accordo preliminare tra le persone.
I differenti gruppi autonomi e non territoriali avrebbero i loro accordi “internazionali” tra di loro riguardo a tutte le offese commesse da membri di differenti comunità, nell'ambito di “frontiere” non territoriali.
Nota
[1] K.H.Z. Solneman (1905-1991) Kurt Helmut Zube, anarchico, scriveva sotto lo pseudonimo di Solneman (anagramma in tedesco di namenlos cioè senza nome). È il padre di John Zube e l'autore di Das Manifest der Freiheit und des Friedens (traduzione inglese: An Anarchist Manifesto, 1977)