Internazionale Anarchica

Manifesto contro la guerra

(1915)

 


 

Nota

Manifesto pubblicato dal movimento anarchico internazionale, redatto in tedesco, francese e inglese, e distribuito sotto forma di volantino.

 


 

L’Europa è in fiamme. Dodici milioni di uomini coinvolti nel più spaventoso massacro che la storia abbia mai registrato. Milioni di donne e bambini in lacrime. La vita economica, intellettuale e morale di sette grandi popoli sospesa brutalmente. La minaccia, ogni giorno sempre più grave, di nuove complicazioni belliche — tale è stato, nel corso di sette mesi, lo spettacolo doloroso, straziante e odioso che ha mostrato il mondo civilizzato.

Ma non è qualcosa di inaspettato, almeno per gli anarchici. Per loro non c’è mai stato e non c’è tuttora alcun dubbio — e i terribili eventi in corso rafforzano questa convinzione — che la guerra è in gestazione permanente all'interno dell’attuale sistema sociale. I conflitti armati, di portata limitata o allargata, coloniali o tra potenze europee, sono la conseguenza naturale e lo sbocco inevitabile e fatale di una società basata sulla disuguaglianza economica dei cittadini, sull'antagonismo brutale degli interessi, una società che pone il mondo del lavoro sotto il rigido e scellerato controllo di una minoranza di parassiti che detengono sia il potere politico che quello economico.

La guerra era inevitabile. Da qualunque parte abbia preso avvio, essa doveva scoppiare. Non è stato certo un caso che da mezzo secolo vi è stata una preparazione febbrile di enormi apparati militari ed un incremento incessante delle spese destinate agli strumenti di morte. Non è certo perfezionando continuamente gli armamenti e concentrando le menti e le volontà di tutti sull'organizzazione meticolosa dell’apparato militare che si opera per la pace. [1]

Perciò, è del tutto idiota e puerile, dopo aver moltiplicato le cause e le occasioni di conflitto, cercare di attribuirne la responsabilità a questo o a quel governo. Nessuna distinzione possibile può essere fatta tra guerre offensive e guerre difensive. Nell’attuale conflitto, i governi di Berlino e di Vienna hanno cercato di giustificare il loro operato attraverso prove non meno attendibili di quelle di Parigi e di Pietroburgo. Ognuno fa del suo meglio per produrre i documenti più incontrovertibili e decisivi per mostrare la sua buona fede e presentarsi come l’immacolato difensore del diritto e della libertà, il campione della civiltà.

Civiltà? Chi, dunque, la rappresenta in questo momento? Forse lo Stato tedesco con il suo formidabile militarismo, così potente da bloccare qualsiasi velleità di ribellione? Forse lo Stato russo per il quale la sferza, la forca e l’invio in Siberia sono i soli mezzi di persuasione? Forse lo Stato francese con i suoi bagni penali, le sue conquiste sanguinose nel Tonchino, nel Madagascar, in Marocco, e l’arruolamento forzato di neri nel suo esercito; quella Francia che, da anni, tiene nelle sue prigioni compagni colpevoli solo di aver scritto e parlato contro la guerra? Forse lo Stato inglese che sfrutta, divide e opprime le popolazioni del suo immenso impero coloniale?

No, nessuno dei belligeranti è autorizzato a utilizzare il termine di civiltà o a dichiarare di avere agito per legittima difesa.

La verità è che la causa delle guerre, di quella che attualmente insanguina le pianure d’Europa, come di tutte le guerre precedenti, poggia unicamente sull’esistenza dello Stato, che è la forma politica del privilegio.

Lo Stato è nato dalla forza militare, si è sviluppato attraverso l’utilizzo della forza militare ed è ancora su tale forza che deve logicamente poggiare per mantenere il suo potere di dominio. Qualunque forma esso assuma, lo Stato non è altro che l’oppressione organizzata a vantaggio di una minoranza privilegiata. Il conflitto attuale lo mostra nella maniera più evidente. Tutte le forme di Stato sono coinvolte nella presente guerra: l’assolutismo con la Russia, l’assolutismo mitigato dal parlamentarismo con la Germania, lo Stato che domina popoli di nazionalità differenti con l'Austria, il regime democratico costituzionale con l'Inghilterra e il regime democratico repubblicano con la Francia.     

La sciagura dei popoli, che erano profondamente a favore della pace, consiste nel fatto che, per evitare la guerra, essi hanno riposto la loro fiducia nello Stato con i suoi intrighi diplomatici, nella democrazia e nei partiti politici (non escludendo quelli all’opposizione, come i socialisti parlamentari). Questa fiducia è stata deliberatamente tradita e continua ad esserlo, allorché i governi, con l’aiuto di tutta la stampa da essi foraggiata, persuadono i popoli dei rispettivi paesi che la guerra è fatta per la liberazione dei popoli.

Noi siamo risolutamente contro tutte le guerre tra i popoli; e nei paesi neutrali, come l’Italia [2] dove il governo cerca di gettare la gioventù nella spaventosa fornace della guerra, i nostri compagni sono stati, sono e saranno sempre gli oppositori più energici della guerra.

Il ruolo degli anarchici nell’attuale tragedia, qualunque sia il luogo o la situazione in cui si trovino, è quello di continuare a proclamare che vi è una sola lotta di liberazione: quella che è combattuta in tutti i paesi dagli oppressi contro gli oppressori, dagli sfruttati contro gli sfruttatori. Il nostro compito è quello di fare appello agli schiavi perché si ribellino contro i loro padroni.

L’azione e la diffusione della concezione anarchica dovrebbero tendere, con assiduità e perseveranza, a indebolire e infine dissolvere i vari Stati, a coltivare lo spirito di ribellione, e a suscitare lo scontento nei popoli e negli eserciti.

A tutti i soldati di tutti i paesi che credono di stare combattendo per la giustizia e per la libertà, noi dobbiamo dire che il loro eroismo e il loro valore non servono ad altro che a perpetuare gli odi, il dispotismo e la miseria.

Ai lavoratori nelle fabbriche e nelle miniere è necessario ricordare che i fucili che ora essi hanno tra le mani sono stati usati contro di loro in occasione degli scioperi e delle rivolte legittime e che, in seguito, saranno impiegati ancora contro di loro per costringerli a sottomettersi allo sfruttamento dei padroni.

Ai lavoratori delle campagne, è necessario mostrare che, dopo la guerra, essi saranno soggetti, ancora una volta, a sottostare al giogo e a continuare a coltivare la terra dei loro padroni e a produrre cibo per i ricchi.

A tutti gli emarginati, va detto che essi non devono consegnare le loro armi fino a quando non avranno regolato i conti con i loro oppressori, fino a quando non avranno sotto il loro controllo la terra e le fabbriche.

Alle madri, alle mogli e alle figlie, vittime della miseria e di privazioni crescenti, facciamo vedere chi sono i veri responsabili delle loro afflizioni e del massacro dei loro padri, figli e mariti.

Dobbiamo fare leva su tutti i movimenti di ribellione, su tutto lo scontento, in modo da stimolare l’insurrezione e organizzare la rivoluzione a cui aspiriamo, per porre fine a tutte le ingiustizie sociali.

Nessuno scoraggiamento, neanche di fronte ad una calamità come l’attuale guerra.

È in periodi così tormentati, durante i quali migliaia di esseri sono disposti a dare eroicamente la loro vita per una idea, che noi dobbiamo mostrare a costoro lo splendore, la grandezza e la bellezza dell’ideale anarchico: la giustizia sociale realizzata attraverso la libera organizzazione dei produttori; la guerra e il militarismo eliminati per sempre; e una libertà piena conquistata attraverso l’abolizione dello Stato e dei suoi organi di coercizione.

Viva l'Anarchia !

 

Firmatari

Leonard D. Abbott — Alexander Berkman — L. Bertoni — L. Bersani — G. Bernard — G. Barrett — A. Bernardo — E. Boudot — A. Calzitta — Joseph J. Cohen — Henry Combes — Nestor Ciele van Diepen — F.W. Dunn — Ch. Frigerio — Emma Goldman — V. Garcia —Hippolyte Havel —T. H. Keell — Harry Kelly — J. Lemaire — E. Malatesta — H. Marques — F. Domela Nieuwenhuis — Noel Paravich — E. Recchioni — G. Rijnders — I. Rochtchine — A. Savioli — A. Schapiro — William Shatoff — V. J. C. Schermerhorn — C. Trombetti — P. Vallina — G. Vignati — Lillian G. Woolf — S. Yanovsky.

Londra, febbraio 1915

 


Note

[1] Le spese militari aumentarono considerevolmente tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo. In Germania esse passarono da 10.800.000 milioni di sterline inglesi nel 1870 a 110.800.000 milioni nel 1914 (una crescita di oltre 10 volte); in Gran Bretagna, durante lo stesso periodo, esse crebbero da 23.400.000 a 76.800.000 milioni di sterline. (Fonte: Encyclopaedia Britannica, 15th Edition, vol. 19: War and Defense Economics).

[2] Lo Stato italiano sarebbe entrato in guerra alcuni mesi dopo (il 24 maggio 1915).

 


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