Nota
Questo scritto fu redatto nel 1909 in occasione del Congresso sulla Pace che si sarebbe dovuto tenere a Stoccolma nell’agosto di quell’anno. Fu rimandato all’anno successivo, a detta di alcuni, per evitare la presenza di Tolstoj il cui intervento avrebbe fatto scalpore in quanto fautore della abolizione di tutti gli Stati e dello smantellamento di tutti gli apparati militari. Questo testo è anche noto come “l’ultimo messaggio di Tolstoj all’umanità”. Lo scrittore morì alcuni mesi dopo, il 20 novembre 1910.
Fonte: Lev Tolstoj, Address to the Swedish Peace Congress, 1 agosto 1910.
Cari fratelli,
Ci siamo qui riuniti per opporci alla guerra. Per promuovere la guerra, tutte le nazioni della terra - milioni e milioni di persone – pongono nelle mani di pochi individui, o a volte anche di un unico uomo, non solo miliardi di rubli, marchi, franchi o yen (che rappresentano una grandissima parte del loro lavoro), ma anche la loro stessa vita, senza alcun controllo.
E adesso noi, un numero ristretto di individui che non ricoprono cariche pubbliche, siamo qui riuniti, provenendo dai vari capi della terra e non godendo di alcun privilegio speciale e soprattutto di un qualche potere su chicchessia. Noi intendiamo combattere - e non soltanto combattere ma anche vincere - questo immenso potere, e non solo quello di un governo, ma di tutti i governi. Essi hanno a loro disposizione enormi ricchezze e milioni di soldati, e sono ben consapevoli che la posizione di eccezionale superiorità di coloro che compongono il governo poggia solo e soltanto sull'esercito. Ed è il senso e lo scopo di questo esercito che noi vogliono combattere e abolire.
Deve apparire folle a noi lottare come facciamo, con forze così disuguali. Ma se consideriamo i nostri mezzi di lotta e quelli del nostro avversario, non è la nostra intenzione di combattere che parrà assurda, ma il fatto che ciò che noi intendiamo combattere esiste ancora. Loro hanno enormi ricchezze e milioni di soldati obbedienti; noi abbiamo una sola cosa, ma questa è la cosa più potente al mondo: la Verità. Quindi, per quanto insignificanti possano apparire le nostre forze in confronto a quelle dei nostri avversari, la nostra vittoria è sicura come la vittoria della luce del sole che sorge a cancellare il buio della notte.
La nostra vittoria è certa, ma ad una sola condizione: che quando diciamo la verità la affermiamo nella sua interezza, senza compromessi, concessioni o travisamenti. La verità è così semplice, così chiara, così evidente, e così pressante non solo per i cristiani, ma per tutti gli esseri ragionevoli, che è solo necessario affermarla apertamente nella sua pienezza di significato perché sia irresistibile.
La verità nel suo senso integrale consiste in ciò che è stato detto migliaia di anni fa (nella legge accettata tra di noi come Legge di Dio) in due parole: "Non uccidere". La verità è che l’essere umano non può e non deve in alcuna circostanza o dietro alcun pretesto uccidere il suo prossimo. La verità è così evidente, così vincolante, e così generalmente riconosciuta, che è solo necessario porla chiaramente davanti agli individui perché il male chiamato guerra diventi praticamente impossibile.
Per questo io penso che, se noi che siamo qui riuniti in questo Congresso di Pace, invece di esprimere chiaramente e decisamente questa verità, ci rivolgessimo ai governi con varie proposte per alleviare i mali della guerra o diminuire gradualmente la sua frequenza, saremmo come coloro che, avendo in mano la chiave di una porta, cercassero, per uscire, di sfondare i muri che essi sanno essere troppo resistenti per loro.
Davanti a noi ci sono milioni di uomini armati, sempre più efficientemente armati e addestrati per massacri commessi in maniera sempre più veloce. Sappiamo che questi milioni di persone non hanno alcun desiderio di uccidere i loro compagni e per la maggior parte non sanno nemmeno perché sono costretti a eseguire questo compito ripugnante, e sono stanchi della loro posizione di soggezione e di costrizione. Sappiamo che i crimini commessi di tanto in tanto da questi uomini sono commessi su ordine dei governi. E sappiamo che l'esistenza dei governi dipende dagli eserciti.
Possiamo noi, che desideriamo l'abolizione della guerra, non trovare nulla di più fruttuoso per il nostro scopo, che proporre ai governi, che esistono solo con il sostegno degli eserciti e di conseguenza della guerra, misure che porrebbero fine alla guerra? Siamo qui riuniti per proporre ai governi di autodistruggersi?
I governi ascolteranno volentieri qualsiasi discorso di questo tipo, sapendo che tali discussioni non annienteranno la guerra né mineranno il loro potere. Tali discussioni nasconderanno solo, in modo più efficace, ciò che deve essere celato se si vuole che continuino ad esistere le guerre, gli eserciti e i governi stessi che controllano tali eserciti.
"Ma - mi si dirà - questa è anarchia. La gente non ha mai vissuto senza governi e Stati, e quindi i governi e gli Stati e le forze militari che li difendono sono necessari per l'esistenza delle nazioni”.
Tralasciando la questione se la vita delle nazioni cristiane e delle altre nazioni sia possibile senza eserciti e guerre per difendere i loro governi e Stati, o anche supponendo che sia necessario per il loro benessere che gli individui si sottomettano pedissequamente a istituzioni chiamate governi (composte da persone che essi non conoscono personalmente), e che sia necessario cedere il prodotto del loro lavoro a queste istituzioni e soddisfare tutte le loro richieste, compreso l'assassinio dei loro vicini - pur concedendo loro tutto ciò, rimane ancora una difficoltà irrisolta nel nostro mondo.
Questa difficoltà sta nell'impossibilità di rendere coerente la fede cristiana (che chi forma i governi professa con particolare enfasi) con eserciti composti da cristiani addestrati ad uccidere. Per quanto si possa pervertire l'insegnamento cristiano, per quanto si possano nascondere i suoi principi di base, il suo insegnamento fondamentale è l'amore di Dio e del prossimo. L'amore di Dio è la più alta perfezione della virtù, e l'amore per il prossimo include tutti gli esseri umani senza distinzione.
Pertanto, sembrerebbe inevitabile che si debba rinnegare uno dei due: o il cristianesimo con l'amore di Dio e del prossimo, o lo Stato con i suoi eserciti e le sue guerre. Forse il cristianesimo può essere obsoleto, e quando si sceglie tra i due - il cristianesimo e l'amore o lo Stato e il crimine - gli individui del nostro tempo concluderanno che l'esistenza dello Stato e del crimine è più importante del cristianesimo. Forse dobbiamo rinunciare al cristianesimo e conservare solo ciò che è importante: lo Stato e le attività criminali.
Può essere che sia così - o quantomeno, le persone possono pensare e sentire in questo modo. Ma in tale caso che lo dicano! Dovrebbero ammettere apertamente che le persone nel nostro tempo hanno smesso di credere in ciò che la saggezza collettiva dell'umanità ha affermato, e in ciò che è detto dalla Legge di Dio, che essi sostengono di professare. Dovrebbero ammettere che hanno smesso di credere in ciò che è scritto indelebilmente nel cuore di ogni essere, perché ora devono credere solo in ciò che è ordinato da varie persone - che per caso o per nascita sono divenuti imperatori e re, o che attraverso vari intrighi ed elezioni sono diventati presidenti o senatori o deputati. E devono credere a questi ordini anche se includono l'omicidio. Questo è ciò che dovrebbero dire!
Ma è impossibile affermarlo apertamente; eppure, una di queste due cose va detta. Se si ammette che il cristianesimo proibisce l'omicidio, sia gli eserciti che i governi diventano impossibili. E se si ammette che i governi riconoscono la legittimità dell'omicidio e negano il cristianesimo, nessuno vorrebbe obbedire a un governo che esiste solo per il suo potere di uccidere. E inoltre, se l'omicidio è permesso in guerra, deve essere a maggior ragione permesso quando le persone cercano di affermare i loro diritti attraverso una rivoluzione.
E perciò i governi, non potendo dire né l'una né l'altra cosa, sono ansiosi di nascondere ai loro sudditi la necessità di risolvere questo dilemma. Quanto a noi che siamo qui riuniti per contrastare il male della guerra, se davvero vogliamo raggiungere il nostro scopo, una sola cosa è necessaria: porre questo dilemma in modo chiaro e definitivo sia a coloro che formano i governi, sia alle masse dei popoli che compongono gli eserciti.
Per fare questo, non solo dobbiamo affermare più volte, chiaramente e apertamente, la verità che tutti noi conosciamo e che non possiamo fare a meno di conoscere - che un individuo non deve uccidere il suo prossimo - ma dobbiamo anche chiarire che nessuna altra considerazione può distruggere ciò che la verità esige dai cristiani.
Propongo quindi che il nostro incontro rediga e pubblichi un appello a tutti gli esseri, e soprattutto alle popolazioni cristiane, in cui si esprima chiaramente e decisamente ciò che tutti sanno, ma che quasi nessuno dice: che la guerra non è, come la maggior parte delle persone suppone, un affare buono e lodevole. Dobbiamo comunicare che, come tutti gli omicidi, la guerra è un affare vile e criminale, non solo per chi sceglie volontariamente la carriera militare, ma anche per chi vi si sottomette per guadagno o per paura della punizione.
Per quanto riguarda coloro che scelgono volontariamente la carriera militare, mi propongo di affermare chiaramente e decisamente che, aborrendo tutto lo sfarzo, il luccichio e l'approvazione generale di cui essa è circondata, io la ritengo una attività criminale e vergognosa, e che più alta è la posizione che un uomo ha nella professione militare, più criminale e vergognosa è la sua occupazione.
Allo stesso modo, per quanto riguarda le persone che vengono allettate a effettuare il servizio militare dai soldi o da minacce di punizioni, io invito a parlare chiaramente del grave errore che essi commettono - contrario alla loro fede, alla morale e al buon senso - quando acconsentono a entrare nell'esercito. È contrario alla loro fede perché partecipano nelle fila degli assassini in contrasto con la Legge di Dio da essi riconosciuta. È contrario alla morale perché accettano, per denaro o per paura della punizione, ciò che sanno essere sbagliato nel fondo del loro cuore. Ed è contrario al buon senso perché, se entrano nell'esercito e scoppia la guerra, rischiano di subire conseguenze tanto gravi o peggiori di quelle che rischiano di subire se si rifiutano. Soprattutto, essi agiscono in contrasto con il buon senso, in quanto si uniscono a quella casta di persone che li priva della libertà e li costringe a essere soldati.
Con riferimento a entrambe le classi, propongo in questo appello di esprimere chiaramente il pensiero che per gli uomini veramente illuminati, che sono quindi liberi dalla superstizione della gloria militare, la professione militare e la chiamata alle armi, nonostante tutti gli sforzi per nascondere il suo vero significato, è una occupazione vergognosa come quella del boia, e anche di più. Questo perché il boia si tiene pronto a uccidere solo coloro che sono stati giudicati dannosi e hanno commesso dei delitti, mentre un soldato si impegna a uccidere tutti coloro che gli viene comandato di uccidere, anche se potrebbero essere i più cari o i migliori tra gli esseri umani.
L'umanità in generale, e la nostra umanità cristiana in particolare, ha raggiunto uno stadio di contraddizione così acuta tra le sue esigenze morali e l'ordine sociale esistente che un cambiamento è diventato inevitabile - un cambiamento non nelle esigenze morali della società, che sono immutabili, ma nell'ordine sociale, che può essere modificato. La richiesta di un ordine sociale diverso, evocata da quella contraddizione interiore che è così chiaramente illustrata dai nostri preparativi per commettere massacri, diventa sempre più pressante, ogni anno e ogni giorno.
La tensione che esige tale cambiamento, ha raggiunto un tale livello che, come a volte basta un leggero shock per trasformare un liquido in un corpo solido, così forse è necessario un piccolo sforzo o anche una sola parola per cambiare l’esistenza crudele e irrazionale del nostro tempo - con le sue divisioni, i suoi armamenti e i suoi eserciti - in una vita ragionevole, in linea con la coscienza dell'umanità dei nostri tempi. Ogni sforzo, o ogni parola, possono costituire lo shock che solidifica istantaneamente il liquido super raffreddato. Mi chiedo allora perché il nostro incontro non dovrebbe essere quello shock?
Nella fiaba di Andersen [1], quando il Re andava in processione trionfale per le strade della città e tutti erano contenti dei suoi bellissimi vestiti nuovi, sono bastate le parole di un bambino che diceva quello che tutti sapevano, ma non osavano dire, per cambiare tutto. Il bambino ha esclamato: "Il re è nudo" e l'incantesimo si è infranto. Il re si è vergognato e tutti quelli che affermavano a sé stessi di averlo visto con dei bei vestiti nuovi si sono resi conto che era nudo!
Dobbiamo dire lo stesso. Dobbiamo dire quello che tutti sanno ma non osano dire.
Dobbiamo dire che, con qualsiasi nome la gente chiami l'omicidio, un omicidio rimane sempre un omicidio ed è una cosa criminale e vergognosa. E basta dirlo chiaramente, decisamente, e a voce alta, come possiamo dirlo qui, e gli individui cesseranno di vedere ciò che pensavano di aver visto, e vedranno ciò che è realmente davanti ai loro occhi. Cesseranno di vedere in quello che fanno un servizio per il loro paese, l'eroismo della guerra, la gloria militare e il patriottismo, e vedranno ciò che esiste in realtà: il nudo, criminale affare dell'omicidio! E se la gente lo vedrà, accadrà la stessa cosa che è avvenuta nella favola. Chi commette dei crimini si vergognerà, e chi afferma dentro di sé di non vedere la criminalità dell'omicidio la percepirà e cesserà di essere un assassino.
Ma come si difenderanno le nazioni contro i loro nemici? Come manterranno l'ordine interno e come potranno vivere le nazioni senza un esercito?
Noi non sappiamo e non possiamo sapere quale forma di vita prenderanno gli esseri umani dopo aver ripudiato l'omicidio, ma una cosa è certa. È più naturale che gli individui siano guidati dalla ragione e dalla coscienza, di cui sono dotati, piuttosto che sottomettersi servilmente a persone che organizzano massacri su larga scala.
E la forma di ordine sociale assunta dalle vite di coloro che sono guidati nelle loro azioni, non dalla violenza basata su minacce di delitto, ma dalla ragione e dalla coscienza, non sarà in ogni caso peggiore di quella sotto la quale vivono ora.
Questo è tutto ciò che voglio dire. Mi dispiace se ciò offenderà o addolorerà qualcuno, o susciterà qualche malumore. Ma per me, un uomo di ottant'anni, che si aspetta di morire da un momento all'altro, sarebbe vergognoso e criminale non dire tutta la verità come la vedo io - la verità che, come credo fermamente, è la sola in grado di sollevare l'umanità dai mali incalcolabili prodotti dalla guerra.
Nota
[1] Christian Andersen (1805.1875) scrisse la fiaba Keiserens Nye Klæder (I vestiti nuovi dell'imperatore) nel 1837, traendo ispirazione da un racconto spagnolo risalente al medioevo.