Nota
Il principio di homestead sostenuto da Rothbard in questo articolo, significa che "la proprietà appartiene giustamente alla persona che la trova, la occupa e la trasforma attraverso il suo lavoro." Questo principio non ha nulla da spartire con la difesa della proprietà privata esistente, prescindendo da come è stata ottenuta. Infatti Rothbard arriva a suggerire la confisca da parte degli "homesteaders" (utenti, lavoratori) delle proprietà "private" ottenute con il sostegno dello stato (università, grandi imprese, ecc.). Questa proposta radicale è, né più né meno, quanto Marx e gli anarchici hanno sostenuto in passato. E allora la contrapposizione artificiale tra libertari di destra e libertari di sinistra dovrebbe essere messa da parte una volta per tutte.
Questro articolo è apparso in The Libertarian Forum Vol. 1, No. 6, del 15 Giugno 1969
Il brillante e stimolante articolo di Karl Hess che appare in questo numero della rivista solleva un problema, concernente le specificità del libertarismo, che va al di là dell'ambito ristretto del movimento libertario. Infatti, ci saranno centinaia di migliaia di anti-comunisti "di professione" in questo paese, eppure nessuno di questi elementi, nel corso delle loro denunce, ha prodotto un piano specifico per la de-comunistizzazione. Supponiamo che Breznev e compagni si convertano ai principi della libera società; allora essi chiedono ai nostri anti-comunisti: dunque, come procediamo sulla strada della de-comunistizzazione? Che cosa hanno da rispondere a loro i nostri anti-comunisti?
Alla domanda è stata data una sostanziale risposta dagli sviluppi interessanti della Jugoslavia di Tito. A partire dal 1952, la Jugoslavia è stata de-comunistizzata in maniera notevole.
Il principio utilizzato dagli jugoslavi è quello libertario dello homesteading: le fabbriche di proprietà dello stato sono passate sotto il controllo dei lavoratori che vi lavorano. Le imprese nazionalizzate del settore “pubblico” sono state tutte trasferite sotto la proprietà effettiva dei lavoratori che sono attivi in una specifica impresa, trasformandole quindi in cooperative di produttori e muovendo rapidamente nella direzione di quote individuali di proprietà assegnate a ciascun lavoratore.
Quale altra strada praticabile ci potrebbe essere verso la de-statizzazione? Il principio nei paesi comunisti dovrebbe essere il seguente: la terra ai contadini e le fabbriche agli operai, di modo che la proprietà è sottratta dalle mani dello stato e trasferita in mano privata, cioè nelle mani di coloro che la lavorano e la rendono produttiva.
Il principio dello homesteading significa che il modo in cui la proprietà vacante trova un proprietario è attraverso il principio che la proprietà appartiene giustamente alla persona che la trova, la occupa e la trasforma attraverso il suo lavoro. Questo è chiaramente il caso dei pionieri e delle terre vergini. Ma cosa dovrebbe avvenire nel caso di una proprietà rubata?
Supponiamo, ad esempio, che A ruba un cavallo a B. A quel punto arriva C che sottrae il cavallo ad A. Può C essere chiamato un ladro? No di certo, perché non possiamo definire qualcuno un criminale per il fatto di avere sottratto beni ad un ladro. Al contrario, C sta operando un atto virtuoso di esproprio perché sta privando il ladro A dei frutti del suo crimine di aggressione, e sta quantomeno restituendo il cavallo all'innocente settore “privato” e fuori delle grinfie del settore “criminale”. C ha commesso una azione nobile e dovrebbe essere applaudito. Naturalmente, sarebbe ancora meglio se egli restituisse il cavallo a B, la vittima originaria. Ma anche se non facesse ciò, è di gran lunga meglio che il cavallo resti nelle sue mani che non in quelle di A, il ladro criminale.
Cerchiamo adesso di applicare la teoria libertaria della proprietà al caso di una proprietà che sia nelle mani dello stato o che provenga dall'apparato statale. Il libertario vede lo stato come una gigantesca cosca del crimine organizzato che vive del furto chiamato “tassazione” e che utilizza il ricavato per ammazzare, asservire e generalmente angariare le persone. Perciò, qualsiasi proprietà nelle mani dello stato è come se fosse nelle mani di una banda di ladri e dovrebbe essere sottratta il più rapidamente possibile. Qualsiasi individuo o gruppo che rende libera tale proprietà, confiscandola allo stato e appropriandosela, sta compiendo un atto virtuoso e sta inviando un segnale positivo a servizio della causa della libertà.
Per di più, nel caso specifico dello stato, la vittima non è facilmente identificabile come nel caso di B, il proprietario del cavallo. Tutti coloro che sono soggetti alle tasse, tutti i coscritti, tutte le vittime dello stato sono state spogliate. Come procedere nella restituzione di tutta questa proprietà a coloro che sono stati tartassati? Quale misura dovrebbe essere impiegata in presenza di questo terrificante intreccio di ruberie e di ingiustizie che tutti noi abbiamo sofferto per mano dello stato? Spesso, il metodo più pratico per la de-statizzazione è quello semplice di trasferire il diritto morale di proprietà alla persona o al gruppo che ha sottratto la proprietà dalle mani dello stato. Di questo gruppo, i più meritevoli di fatto sono coloro che già utilizzano la proprietà ma non sono moralmente complici dell'aggressione perpetrata dallo stato. Queste persone diventano quindi gli homesteaders [gli utenti e curatori] della proprietà rubata e quindi i legittimi proprietari.
Prendiamo ad esempio le università statali. Si tratta qui di proprietà costruita con fondi rubati ai contribuenti. Dal momento che lo stato non ha trovato o attuato un modo di restituire la proprietà di questo bene al pubblico pagante, i legittimi proprietari di queste università sono gli homesteaders, cioè coloro che le stanno utilizzando e quindi stanno “associando il loro lavoro” a queste strutture. La considerazione principale è quella di privare il ladro, in questo caso lo stato, il più rapidamente possibile della proprietà e del controllo di questi beni ottenuti in maniera disonesta, e di restituire la proprietà al settore privato innocente. Ciò significa che la proprietà delle università è trasferita agli studenti e/o ai membri delle facoltà.
E per quanto riguarda i due gruppi, gli studenti hanno la precedenza in quanto essi hanno contribuito in termini finanziari a sostenere l'università, mentre i membri della facoltà soffrono della macchia morale di vivere dei fondi dello stato e di essere diventati quindi, in una certa misura, parte dell'apparato statale.
Lo stesso principio si applica all proprietà che si definisce nominalmente “privata” ma che proviene dallo stato come conseguenza di richieste pressanti da parte di colui che riceve i fondi. La Columbia University, ad esempio, che riceve i 2/3 delle sue entrate dal governo, è un college “privato” solo per modo di dire. Essa merita lo stesso destino della confisca da parte dei virtuosi homesteaders.
Ma se questo vale per la Columbia University, cosa dovrebbe avvenire per la General Dynamics? E che cosa della miriade di corporations che sono parte integrante del complesso militare-industriale, le quali non solo ricavano più della metà o talvolta la totalità delle loro entrate dal governo ma partecipano anche a stermini di massa? Quali sono le loro credenziali riguardo alla proprietà “privata”? Sicuramente meno che zero. In quanto lobbisti avidi alla ricerca di contratti e sovvenzioni statali, e co-fondatori dello stato-caserma, essi meritano la confisca e il trasferimento della loro proprietà al settore privato, quello genuino, il più rapidamente possibile. Affermare che la loro proprietà “privata” va rispettata equivarrebbe ad affermare che il furto effettuato dal ladro di cavalli o dall'assassino deve essere “garantito”.
Ma come procediamo per de-statizzare l'intero complesso della proprietà governativa, come pure la “proprietà privata” della General Dynamics? Tutto ciò richiede una riflessione e una ricerca approfonditi da parte dei libertari. Un metodo sarebbe quello di trasferire la proprietà ai lavoratori di ogni impresa specifica che la utilizzano e ne hanno cura (gli homesteaders). Un altro sarebbe di trasferire quote di proprietà a ciascun contribuente. Ma dobbiamo renderci conto che la maniera più pratica potrebbe essere quella di nazionalizzare tutto in un primo tempo come premessa per la successiva redistribuzione. Allora, come potrebbe la General Dynamics essere trasferita ai contribuenti che meritano di esserne i proprietari senza essere prima nazionalizzata? E, si può aggiungere, anche se il governo decidesse di nazionalizzare la General Dynamics – senza indennizzo, chiaramente – per sé stesso e non come preludio alla successiva redistribuzione delle quote tra i contribuenti, ciò non è immorale o qualcosa contro cui opporsi. Perché significherebbe solo che una banda di ladri – il governo – confischerebbe la proprietà ad un'altra banda associata ad esso, e cioè la corporation che è vissuta a spese del governo.
Io non sono spesso d'accordo con John Kenneth Galbraith, ma il suo recente consiglio di nazionalizzare le imprese che ottengono più del 75% dei loro ricavi dal governo, o dai militari, ha un certo merito. Ciò non costituisce di certo una aggressione contro la proprietà privata e, per di più, potremmo attenderci una considerevole diminuzione dello zelo da parte del complesso militare-industriale se la maggior parte dei profitti fossero tolti alla guerra e al saccheggio. Inoltre, renderebbe la macchina bellica americana meno efficiente, essendo sotto il controllo diretto del governo, e ciò sarebbe generalmente un bene. Ma perché fermarsi al 75%? Cinquanta per cento mi sembra essere una discriminante ragionevole per decidere se una organizzazione è sostanzialmente pubblica o privata.
E c'è un'altra considerazione da fare. Dow Chemical, ad esempio, è stata pesantemente criticata in quanto produttrice del napalm per la macchina da guerra americana. La percentuale delle sue vendite provenienti dal napalm è indubbiamente esigua, per cui se si tiene conto solo delle percentuali la compagnia non sembra particolarmente colpevole. Ma il napalm è e può essere solo uno strumento per lo sterminio di massa, e perciò Dow Chemical è dentro fino al collo come complice e quindi coadiuvante nelle uccisioni di massa in Vietnam. Nessuna percentuale di vendite, per quanto ridotta, può assolverla dalla sue colpe.
Ciò ci conduce al punto avanzato da Karl Hess riguardo agli schiavi. Uno degli aspetti tragici dell'emancipazione dei servi in Russia nel 1861 fu che, mentre i servi ottenevano la loro libertà personale – i loro mezzi di produzione e di sostentamento vitale, la loro terra, rimaneva di proprietà dei padroni feudali. La terra sarebbe dovuta passare di proprietà ai servi, perché sulla base del principio di homesteading, essi l'avevano coltivato e ne meritavano la titolarità. Inoltre ai servi spettava una serie di riparazioni da parte dei loro padroni per i secoli di oppressione e di sfruttamento nei loro riguardi. Il fatto che la terra sia rimasta nelle mani dei signori ha condotto inesorabilmente alla Rivoluzione Bolscevica, dal momento che la rivoluzione che aveva portato alla liberazione dei servi era rimasta incompiuta.
Lo stesso è vero della abolizione della schiavitù negli Stati Uniti. Gli schiavi ottennero la loro libertà, è vero, ma la terra, le piantagioni che essi avevano coltivato e che meritavano di possedere sulla base del principio di homestead, rimaneva nelle mani dei loro precedenti padroni. Inoltre, nessuna riparazione fu effettuata nei confronti degli schiavi per l'oppressione da parte dei loro padroni. Per cui l'abolizione della schiavitù rimase incompleta, e i semi di una nuova rivolta sono rimasti intensificandosi fino ai giorni nostri. Da ciò ne consegue l'importanza notevole rappresentata da una modifica nelle richieste dei Neri, passando da quella di un assistenzialismo statale crescente a “riparazioni”. Riparazioni per gli anni di schiavitù e di sfruttamento e per rimediare al fallimento nell'accesso dei Neri alla loro terra, e al fallimento nel dar seguito alla richiesta degli abolizionisti radicali che “40 acri di terra e un mulo” fossero assegnati a quanti erano stati schiavi. Inoltre, in molti casi, le vecchie piantagioni e i loro eredi e i discendenti dei vecchi schiavi possono essere identificati, e le riparazioni possono essere davvero effettuate in maniera mirata.
Alan Milchman, ai tempi in cui era un giovane e brillante attivista libertario, ha mostrato per primo che i libertari si sono ingannati da soli basandosi sulla dicotomia, centrale nel loro pensiero, del “governo” contro i “privati”, con i primi nel ruolo dei cattivi e i secondi in quello dei buoni. Il governo, egli sottolineò, non è in fin dei conti una entità mistica ma un gruppo di individui, di “privati” se si vuole, che agiscono alla maniera di una organizzazione criminale. Ma questo significa che ci sono anche criminali “privati” come pure persone direttamente affiliate al governo. Quello a cui noi ci opponiamo in quanto libertari quindi, non è il governo in sé stesso ma il crimine; quello che combattiamo sono i titoli di proprietà ingiusti e criminali; quello per cui siamo favorevoli non è la proprietà “privata” in sé ma la proprietà giusta, innocente, non criminale. È la giustizia contro l'ingiustizia, l'innocenza contro la criminalità, che dovrebbero essere i nostri maggiori punti di preoccupazione e di attenzione in quanto libertari.