Roderick T. Long

Libertà: l'altra faccia dell'uguaglianza

(2005)

 


 

Note

La contrapposizione tra libertà e uguaglianza è risolta da Roderick Long nella maniera più intelligente e convincente possibile. Sostenendo la necessità di una uguaglianza nella dotazione di potere, l'autore mette in luce l'aspetto più evidente della disuguaglianza, e anche quello più foriero di ulteriori disuguaglianze, e cioè il fatto che il governo possiede poteri decisionali di cui non dispone la persona comune. Questa è la vera disuguaglianza che va radicalmente eliminata. Perciò, come afferma l'autore «è la concezione libertaria e non quella del socialismo di Stato che può vantare la qualifica di egalitarismo radicale» essendo «la pari libertà la più autentica forma di uguaglianza».

Fonte: Roderick T. Long, Liberty: The Other Equality, Foundation for Economic Education, The Freeman, ottobre 2005.

 


 

L'uguaglianza è un ideale sostenuto da un certo numero di ideologie ma è raramente associato con la concezione libertaria o del liberalismo classico. Anzi, sia i libertari che i loro critici pensano che l'uguaglianza sia un ideale non in sintonia con l'ideale di libertà come essi lo intendono.

Ma cosa intendiamo per «uguaglianza»?

Alcuni pensatori fanno una distinzione tra uguaglianza formale e uguaglianza sostanziale. In questo caso uguaglianza formale significa pura e semplice uguaglianza davanti alla legge – la stessa legge che si applica ugualmente a tutti – mentre l'uguaglianza sostanziale richiede l'abolizione, o quanto meno una notevole riduzione delle disparità di ricchezze, opportunità o influenza.

Quest'ultimo tipo di uguaglianza – la potremmo chiamare uguaglianza socio-economica – è chiaramente incompatibile con la concezione libertaria, almeno nel caso in cui tale uguaglianza è voluta attraverso misure legislative coercitive (1)

Una legislazione che mira all'uguaglianza socio-economica è rifiutata dai libertari in quanto considerata una interferenza ingiustificata e statalista nei riguardi dei diritti di proprietà degli individui.

L'uguaglianza davanti alla legge, invece, è generalmente accettata dai libertari. Ma non vi è nulla di sostanzialmente libertario in tale accettazione. Lo scrittore Anatole France ha fatto notare una volta, in maniera del tutto sarcastica, che la legge, nella sua maestosa voglia di uguaglianza, proibisce sia ai ricchi che ai poveri di dormire sotto i ponti, una affermazione invocata spesso dai fautori dell'uguaglianza socio-economica sprezzanti della mera uguaglianza formale. Ma anche i libertari hanno un buon motivo per trovare inadeguata questa semplice uguaglianza formale. Come ha rimarcato l'economista Murray Rothbard: «la giustizia contenuta nel fatto di una uguaglianza di trattamento dipende innanzitutto da quanto giusto è quel trattamento in sé stesso. Supponiamo, ad esempio, che Jones, con la sua scorta di uomini armati, si proponga di rendere schiave alcune persone. Potremmo noi sostenere che la giustizia esige che tutte debbano essere ugualmente schiavizzate? E, supponiamo che uno di quegli individui sia fortunato abbastanza da scappare via. Dovremmo forse condannarlo per il fatto di essersi sottratto all'uguaglianza del trattamento di giustizia inflitto ai suoi compagni?» (2)      

Se né l'uguaglianza socio-economica né l'uguaglianza formale davanti alla legge colgono l'essenza di ciò che i libertari pensano in materia di relazioni sociali, si potrebbe concludere che l'uguaglianza non costituisce affatto per i libertari un valore centrale.

Eppure, in passato, pensatori di tradizione libertaria hanno posto un notevole accento sul tema dell'uguaglianza. Thomas Jefferson nella Dichiarazione di Indipendenza ha scritto le famose parole che «tutti gli esseri umani sono creati uguali»; nella bozza originale egli andò ancora più oltre affermando che «da questo fatto della creazione di esseri uguali costoro derivano diritti intrinsechi e inalienabili». Jefferson fa quindi dell'uguaglianza la base e il fondamento dei nostri diritti. (3)

A quale tipo di uguaglianza faceva riferimento Jefferson?

È generalmente riconosciuto che il Second Treatise of Government di John Locke costituisce il principale di quei «testi essenziali sul diritto pubblico» sui quali Jefferson ha fatto affidamento per la stesura della Dichiarazione d'Indipendenza. E la nozione di uguaglianza di Jefferson è derivata direttamente da Locke. Locke definisce una «condizione … di uguaglianza» come una condizione «in cui tutto il potere di giurisdizione è reciproco, nessun individuo possiede più potere di un altro, non essendoci nulla di più chiaro del fatto che, creature della stessa specie e rango, nate tutte assieme, in vista di godere degli stessi vantaggi offerti dalla natura, e con l'uso delle stesse facoltà umane, dovrebbero essere anche uguali tra di loro, senza alcuna subordinazione o soggezione...». (4)

In breve, per uguaglianza tra esseri umani Locke e Jefferson non intendevano che tutti gli individui sono o dovrebbero essere uguali per quanto concerne i benefici materiali, ma che tutti debbano essere uguali per quanto riguarda il potere. Assoggettare alla propria volontà una persona senza il suo consenso vuol dire trattare quella persona come un proprio servo – la qual cosa è illegittima se noi siamo tutti, per natura, uguali. Per cui, qualsiasi interferenza con la libertà di un'altra persona viola la concezione di Locke riguardo all'uguaglianza: «[E]ssendo tutti uguali e indipendenti, nessuno dovrebbe fare del male ad un altro per quanto concerne la sua vita, salute, libertà o beni posseduti … Ed essendo ognuno dotato delle stesse facoltà umane, essendo tutti partecipi di una comunità naturale, non si può supporre alcuna subordinazione tra di noi che ci possa autorizzare a distruggerci l'un l'altro, come se fossimo fatti per essere strumenti per l'altrui uso, come lo sono per noi le creature di rango inferiore». (5)

Non c'è quindi da stupirsi che, un secolo più tardi, Jefferson trovasse naturale sostenere che l'uguaglianza umana è la base dei nostri reciproci diritti. 

Locke, a sua volta, stava semplicemente sviluppando le idee di un gruppo di radicali inglesi vissuti precedentemente a lui e a cui fu attribuito il nome decisamente egalitario di Levellers (Livellatori). Questi Levellers, i cui esponenti di maggior rilievo includevano John Lilburne, William Walwyn, e Richard Overton, emersero durante la Guerra Civile Inglese degli anni 1640 come il primo movimento libertario di massa. «Levellers» non era in realtà la qualifica che essi preferivano per sé. Infatti, essi composero scritti con titoli quali A Manifestation from [Those] Commonly (Though Unjustly) Styled Levellers (Un manifesto scritto da coloro che sono comunemente, sebbene non correttamente, chiamati Livellatori) e The Levellers (Falsely So-called) Vindicated (Una difesa dei Livellatori, così erroneamente definiti). Il loro disagio con tale qualifica derivava dal timore che le loro aspirazioni potessero essere mal interpretate, come la richiesta della abolizione forzata delle disuguaglianze di ricchezza, un obiettivo che essi ripudiavano espressamente: «Noi dichiariamo quindi di non aver mai avuto nei nostri pensieri l'idea di egualizzare tutte le proprietà, avendo invece avuto come nostra profonda finalità che la nostra comunità si sviluppi in modo tale che ogni persona goda della propria proprietà con la massima sicurezza possibile». (6   

Nonostante ciò, la qualifica di “Livellatori” si adattava bene a loro, perché, pur non avendo per obiettivo l'uguaglianza socio-economica, essi erano appassionatamente devoti all'uguaglianza per quanto riguarda il potere. Overton, ad esempio, sosteneva che «per nascita tutti gli esseri umani sono uguali e fin dalla nascita sono parimenti inclini alla proprietà personale, all'autonomia e alla libertà», per cui «i riparatori di mantici per attizzare il fuoco, gli spazzini, i calzolai, gli stagnini o gli spazzacamini» sono «tutti esseri liberi per nascita» come «i più grandi pari del regno».

Da ciò Overton deduceva che «Nessun individuo ha un potere decisionale su quelli che sono i miei diritti e libertà naturali, né io sopra alcun altro essere», ed ogni individuo è «re, sacerdote e profeta nella sua cerchia e sfera naturale, e di essa nessuno può disporre se non per delega, mandato e libero consenso da parte di colui che possiede quei diritti e libertà naturali». (7)

Questa forma di uguaglianza va ben oltre una mera uguaglianza davanti alla legge. Se i governanti di uno Stato esigono che ognuno adori il dio Shiva, allora in un certo senso essi stanno trattando in maniera uguale tutti i cittadini (posto che anche essi adorino Shiva); ma, ciononostante, essi non rispettano affatto l'uguaglianza riguardo al potere, in quanto stanno arrogando a sé stessi e negando ad altri il potere di decidere se Shiva debba essere adorato. Piuttosto che esigere semplicemente l'uguale applicazione a tutti delle leggi, l'uguaglianza, nell'ottica dei libertari, pone restrizioni sul contenuto di tali leggi, escludendo ogni subordinazione coatta di qualsiasi tipo.

Questo punto di vista è del tutto coerente con l'uso della forza a fini difensivi; la forza usata in tal caso ristabilisce l'uguaglianza in materia di potere, piuttosto che violarla. Ma colui che per primo usa la forza, sta trattando gli altri come se questi fossero «fatti per essere usati» e ciò è cosa inaccettabile e un affronto all'uguaglianza tra gli esseri umani. Coloro che credono che l'uguaglianza possa assumere solo due forme – l'uguaglianza sostanziale socio-economica e l'uguaglianza formale davanti alla legge – hanno trascurato di prendere in considerazione l'uguaglianza libertaria, che è sì di tipo sostanziale ma non socio-economica.

 

L'uguaglianza libertaria

Quali sono le implicazioni politiche di questo terzo tipo di uguaglianza? Il risultato dell'uguaglianza libertaria, uguaglianza di potere, è che il governo non può disporre di diritti di cui gli individui sono privi – a meno che costoro non cedano liberamente tali diritti per «delega, mandato e libero consenso». Dal momento che io non ho alcun diritto riguardo alla persona e alla proprietà di un altro, io non posso delegare ad un governo un diritto sulla persona e sulla proprietà di chicchessia. Come affermato in maniera eloquente dall'economista francese Frédéric Bastiat:

"Se ogni essere umano ha il diritto di difendere, persino ricorrendo alla forza, la sua Persona, la sua Libertà, la sua Proprietà, molti esseri umani hanno il Diritto di consultarsi, intendersi, organizzare una Forza comune al fine di porre in essere una difesa su basi continuative.
Il Diritto collettivo ha dunque il suo principio, la sua ragione d'essere, la sua legittimità nel Diritto individuale, e la Forza comune non può avere razionalmente altro scopo, altra missione, che salvaguardare le Forze isolate alle quali essa si sostituisce. Così come la Forza di un individuo non può legittimamente attentare alla Persona, alla Libertà, alla Proprietà di un altro individuo, in base allo stesso motivo, la Forza comune non può essere legittimamente applicata a distruggere la Persona, la Libertà, la Proprietà di individui o classi". (8)

Mentre i libertari dissentono tra di loro se o in che misura è pertinente o necessario cedere al governo la propria libertà naturale, tutti i libertari sono concordi nel cercare di minimizzare le disuguaglianze di potere che esistono tra la persona comune da una parte e i funzionari e i beneficiari di privilegi statali dall'altra.

Né l'uguaglianza socio-economica, né l'uguaglianza davanti alla legge regge il confronto con il radicalismo dell'uguaglianza libertaria, e questo perché, né l'una né l'altra, si spingono fino al punto da mettere in questione la struttura di potere che esiste attualmente. Entrambe quelle forme di uguaglianza chiedono ai governanti di assicurare che l'uguaglianza (nella forma che ciascuno favorisce) prevalga tra i governati, mentre danno per scontata l'esistenza della disuguaglianza tra governanti e governati. (Il fatto che i governati possano essere eletti ad una carica di governo non cancella affatto questa disuguaglianza, dal momento che coloro che accedono a posizioni di potere devono necessariamente essere una piccola minoranza della popolazione). Come ha scritto il filosofo Antony Flew, sotto un sistema di regolamentazione governativa «riguardo a ciò che le varie élite dominanti ritengono appropriato … può sussistere o no una sorta di uguaglianza tra tutti coloro che occupano il ruolo di sudditi. Ma tra coloro che impartiscono gli ordini e coloro che li ricevono … non ci può essere di certo alcuna uguaglianza». (9)  

L'uguaglianza libertaria, invece, non richiede solo una uguaglianza davanti a coloro che amministrano la legge, ma una uguaglianza con loro, cioè essere loro pari. Il governo deve essere circoscritto all'interno dei limiti morali pensati da Thomas Jefferson con riferimento ai cittadini. Se io non posso appropriarmi della tua proprietà senza il tuo consenso, ciò non può avvenire neanche da parte dello Stato.

Per questo, è la concezione libertaria, e non il socialismo di stato, che merita la qualifica di egalitarismo radicale. La pari libertà è la più sincera forma di uguaglianza. (10) (*)

(*) Proudhon aveva fatto, a suo tempo, una simile affermazione: “Pour créer l'égalité vous détruisez la liberté: ce qui est la négation de l'égalité même.” [Per creare l'uguaglianza voi distruggete la libertà, il che costituisce la negazione stessa dell'uguaglianza] (Système des contradictions économiques, 1846).

 


 

Note dell'autore

(1) Va ricordato che il perseguire l'uguaglianza socio-economica con mezzi pacifici e volontari è cosa del tutto compatibile con la concezione libertaria. Per una discussione esauriente di tale tema si veda Roderick T. Long e Charles W. Johnson, “Libertarian Feminism: Can This Marriage Be Saved?”.

(2) Murray N. Rothbard, Man, Economy, and State: A Treatise on Economic Principles; with Power and Market: Government and the Economy, scholars’ edition (Auburn, Alabama.: Ludwig von Mises Institute, 2004), p. 1219.

(3) Thomas Jefferson, Original Draft of the Declaration of Independence.

(4) John Locke, Second Treatise of Government II. 4.

(5) Locke, ibid., II. 6.

(6) A Manifestation from Lieutenant-Colonel John Lilburne, Mr. William Walwyn, Mr. Thomas Prince, and Mr. Richard Overton (Now Prisoners in the Tower of London), and Others, Commonly (Though Unjustly) Styled Levellers (1649).

(7) Questo passaggio è preso da quello che è il trattato politico che porta il più incantevole titolo mai formulato: Richard Overton, An Arrow Against All Tyrants and Tyranny, Shot from the Prison of Newgate into the Prerogative Bowels of the Arbitrary House of Lords, and All Other Usurpers and Tyrants Whatsoever; Wherein the Original, Rise, Extent, and End of Magisterial Power, the Natural and National Rights, Freedoms and Properties of Mankind are Discovered and Undeniably Maintained; the Late Oppressions and Encroachments of the Lords over the Commons Legally (By the Fundamental Laws and Statutes of This Realm, As Also By a Memorable Extract Out of the Records of the Tower of London) Condemned; the Late Presbyterian Ordinance (Invented and Contrived by the Diviners, and By the Motion of Mr. Bacon and Mr. Tate, Read in the House of Commons) Examined, Refuted, and Exploded, As Most Inhumane, Tyrannical and Barbarous, by Richard Overton, Prerogative Archer to the Arbitrary House of Lords, Their Prisoner in Newgate, for the Just and Legal Properties, Rights and Freedoms of the Commons of England (1646).
Per ulteriori discussioni su Overton si veda Peter Kurrild-Klitgaard, “Self-Ownership and Consent: The Contractarian Liberalism of Richard Overton,” Journal of Libertarian Studies, Fall 2000, pp. 43—96.

(8) Frederic Bastiat, La loi, (La legge), 1850.

(9) Antony Flew, The Politics of Procrustes: Contradictions of Enforced Equality (Buffalo, N.Y.: Prometheus Books, 1981), p. 12.

(10) Per una esauriente discussione sulla dimensione egalitaria della concezione libertaria si veda Roderick T. Long, Equality: The Unknown Ideal, Mises Daily Article, October 16, 2001.

 


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