Nota
L’autore qui mostra un significato più sottile del termine libertà che non è solamente la pura e semplice possibilità, in astratto, di fare, ma richiede anche la capacità e l’opportunità concreta di agire, in maniera consapevole ed efficace. Egli introduce anche una distinzione tra libertari-liberali che esaltano la libertà dell’individuo e gli anarchici per i quali la libertà del singolo non può esistere senza il superamento di ogni potere dominante esterno e il godimento dell'autonomia da parte di tutti.
Fonte: Albert Libertad, La liberté, Editions de l'en dehors, Paris.
Molti pensano che si tratti di un semplice diverbio verbale, una preferenza tra vocaboli, che fa dichiarare gli uni libertariani [1] e gli altri anarchici. Io la penso diversamente.
Io sono anarchico e ci tengo a questa qualifica non per un vano capriccio verbale, ma perché anarchia significa una filosofia, un metodo diverso da quello dei libertariani.
Il libertariano, come indica la parola stessa, è un adoratore della libertà. Per lui, la libertà è l’inizio e la fine di tutte le cose. Fare della libertà un culto, segnare la parola su tutti i muri, erigere delle statue in suo onore che rendano edotto il mondo, parlarne sempre, a proposito e a sproposito, dichiararsi libero di agire anche quando i caratteri ereditari, degli avi e dell’ambiente, portano ad un certo comportamento ... ecco l’aspetto che caratterizza il libertariano.
L’anarchico, se facciamo semplicemente riferimento all’etimologia della parola, è una persona che si oppone all’autorità imposta. Esatto. Egli non fa della libertà l'origine ma piuttosto l'obiettivo del suo sviluppo in quanto individuo. Egli non dice, anche quando si tratta del gesto più semplice: “Io sono libero”, ma: “Io voglio essere libero”. Per lui, la libertà non è una entità astratta, una qualità, un qualcosa che egli ha o non ha, ma un risultato, qualcosa che egli acquisisce a mano a mano che diventa più forte.
Egli non fa della libertà un diritto anteriore a lui, anteriore agli esseri umani, ma una scienza di cui egli si impratichisce, di cui gli esseri umani prendono possesso, giorno dopo giorno, liberandosi dall’ignoranza, padroneggiando le forze della natura, abolendo i vincoli posti dai tiranni e dai padroni.
L’essere umano non è libero di fare o disfare sulla base della sua sola volontà. Egli apprende a fare o non fare quando ha esercitato la sua capacità di giudizio, illuminato la sua ignoranza o eliminato gli ostacoli che lo frenavano. Quindi, se noi mettiamo davanti ad un pianoforte un libertariano privo di conoscenze musicali, pensate forse che sia libero di suonare veramente? Nient’affatto! egli godrà di questa libertà quando avrà appreso la musica e si sarà impratichito dello strumento. Questo è quello che afferma l’anarchico.
Così l’anarchico lotta contro il potere che gli impedisce di sviluppare la sua inclinazione alla musica - qualora egli la possegga davvero - o che monopolizza il pianoforte. Per godere della libertà di suonare, egli deve avere sia la capacità di suonare sia la possibilità di avere un pianoforte a sua disposizione.
La libertà è una energia che occorre saper sviluppare nel proprio agire individuale; nessuno la può concedere.
Allorché la Repubblica Francese ha assunto per motto la famosa formula trinitaria: «Liberté, Egalité, Fraternité» ha con ciò stesso fatto in modo che noi siamo liberi, uguali e fratelli? Essa ci dice: “Voi siete liberi”, ma sono solo vane parole perché noi non abbiamo il potere di essere liberi. E perché non lo abbiamo? Soprattutto perché noi non sappiamo acquisirne l’esatta conoscenza. Noi prendiamo il miraggio per realtà.
Noi aspettiamo sempre che la libertà ci venga data da uno Stato, da un Liberatore, da una Rivoluzione, e non ci sforziamo mai di svilupparla in ciascun individuo. Quale è la bacchetta magica che trasformerà la generazione attuale, nata da secoli di asservimento e di rassegnazione, in una generazione di persone che meritano la libertà perché sono abbastanza forti da prendersela?
Questa trasformazione verrà dalla consapevolezza che avranno gli individui del fatto di non possedere la libertà di coscienza, che la libertà non è all’interno di loro stessi, che essi non hanno la prerogativa di essere liberi, che essi non nascono tutti liberi e uguali … e che, tuttavia, non è possibile essere felici senza essere liberi. Il giorno in cui essi avranno raggiunto questa consapevolezza, gli individui saranno pronti a tutto pur di conseguire la libertà. È per questo che gli anarchici lottano così energicamente contro la corrente libertariana che confonde l’immagine di una cosa con la cosa vera.
Per conseguire questo potere occorre lottare contro due correnti che minacciano il godimento della nostra libertà: occorre difendere la libertà contro gli altri e contro sé stessi, contro le forze esterne e quelle interne.
Per avanzare verso la libertà, è necessario sviluppare la nostra individualità. Quando io affermo: avanzare verso la libertà, io voglio dire andare verso lo sviluppo più completo della nostra personalità individuale.
Noi non siamo dunque liberi di prendere qualsiasi cammino. Occorre che prendiamo il “buon cammino”.
Noi non siamo liberi di cedere a delle passioni sregolate, noi siamo succubi nel soddisfarle.
Noi non siamo liberi di metterci in uno stato di ebrezza che ci fa perdere, come persone, l’uso della volontà e ci pone alle dipendenze di chicchessia; diciamo piuttosto che, in questi casi, noi subiamo la tirannia di una passione che la miseria o il lusso ci hanno fatto contrarre.
La vera libertà consisterebbe nel padroneggiare questa dipendenza per liberarsi dal suo dominio e dalle sue conseguenze.
Ho detto propriamente, padroneggiare, perché io non ho la passione della libertà considerata come idolo indiscusso. Io non sono un adoratore della libertà. Io voglio conseguire la libertà, non venerarla. Io non mi diverto quando devo compiere un atto di potere [2] che mi farà sconfiggere l’avversario che mi attacca, né mi rifiuto di compiere un atto di potere che mi farà attaccare l’avversario. Io so che ogni azione di forza è un atto di potere. Io non vorrei mai dover impiegare la forza, il potere, contro gli altri, ma vivo nel ventesimo secolo e non sono libero della direzione che prenderanno i miei atti per conseguire la libertà.
Così, io considero la Rivoluzione come un atto di potere di alcuni su altri, e la rivolta individuale come un atto di potere di uno su un altro. Nonostante ciò, trovo questi mezzi logici, ma voglio determinarne esattamente la finalità. Li trovo logici e sono pronto a cooperare nel loro impiego se si tratta di azioni di forza temporanee che hanno per scopo di eliminare un potere stabile, di espandere la libertà; li trovo illogici e li ostacolo se essi hanno come unica finalità il trasferimento ad altri del potere. Infatti, attraverso questi atti, il potere accrescerebbe la sua capacità di dominio. E questo perché, con un semplice cambio di nome, il nuovo potere avrebbe tutte le prerogative del vecchio e, in aggiunta, quelle ottenute a seguito del presunto cambiamento.
I libertariani fanno della libertà un dogma. Gli anarchici ne fanno un obiettivo. I libertariani pensano che l’essere umano nasca libero e che la società ne faccia uno schiavo. Gli anarchici si rendono conto che l’essere umano nasce nella più completa dipendenza, nel più grande asservimento e che la civiltà lo conduce sul cammino della libertà.
Ciò che gli anarchici rimproverano all’associazione delle persone chiamata società è di ostacolare il cammino in avanti dopo aver guidato i primi passi. La società libera l’individuo dalla fame, dalle infermità, dalle bestie feroci - di certo non sempre, ma nella generalità dei casi - ma essa lo rende preda della miseria, dello sfruttamento e dei governanti. Essa lo porta da Cariddi a Scilla [4]. La società sottrae il fanciullo al potere delle forze naturali per porlo sotto quello di alcuni individui.
Allora interviene l’anarchico. Egli non chiede la libertà come un bene che gli è stato sottratto, ma come un bene che gli si impedisce di conseguire. Egli osserva la società attuale e constata che essa è un pessimo strumento, uno strumento cattivo per promuovere il pieno sviluppo degli individui.
L’anarchico vede che la società circonda le persone di un recinto di leggi, di una rete di regolamenti, di un clima morale fatto di pregiudizi, e non contribuisce in nulla a farlo uscire dalle tenebre dell’ignoranza. L’anarchico non professa la religione libertariana, o liberale si potrebbe dire, ma vuole sempre più libertà in quanto individuo, come desidera un’aria più pura per i suoi polmoni. Quindi prende la decisione di operare con tutti i mezzi per eliminare i pali della staccionata, le reti della recinzione, e si sforza di ampliare la sfera del libero esame.
L’anarchico desidera poter esercitare le sue facoltà il più intensamente possibile. Più si istruisce, più ha esperienze, più elimina gli ostacoli di ordine intellettuale, morale e materiale, più amplia la sua sfera d’orizzonti, più estende la sua personalità individuale, più diventa libero di evolvere e di avanzare verso la realizzazione dei suoi desideri.
Ma non lasciamoci trascinare dalle parole e ritorniamo più precisamente al tema.
Il libertariano che non ha la capacità di osservare realisticamente le cose, di esprimere una critica fondata, o che addirittura non vuole partecipare ad una discussione al riguardo, risponde affermando: “Io sono assolutamente libero di agire così.”
L’anarchico dice: “Io credo che ho ragione ad agire così, ma discutiamone”. E se la critica fatta si indirizza ad una passione da cui non si sente in grado di liberarsi, egli aggiungerà: “Io sono schiavo del passato e dell’abitudine”. Questa semplice constatazione non è qualcosa di neutro. Produrrà una conseguenza forte in sé stessa, forse per l’individuo a cui si fa riferimento, ma sicuramente per colui che la fa e per coloro dei presenti che sono meno soggetti alla passione in questione.
L’anarchico non si inganna riguardo alla sfera di libertà che ha. Egli non dice: “Non sono forse libero di trovare un marito per mia figlia se ciò mi sta bene? Non ho forse il diritto di portare un cappello a cilindro se ciò mi conviene?“ Egli sa che questa libertà, questo diritto, sono un tributo pagato alla morale del suo ambiente, alle convenzioni del mondo; sono dettami imposti dall’esterno che vanno contro ogni volere, ogni determinazione interiore dell’individuo in oggetto.
L’anarchico agisce così non per decenza, per spirito di contraddizione, ma perché egli parte da una concezione del tutto differente da quella del libertariano. Egli non crede alla libertà innata ma alla libertà da acquisire. E sapendo che non ha tutte le libertà, egli ha una volontà ancora maggiore di acquisire l'energia che gli darà la libertà.
Le parole non hanno valore in sé stesse. Hanno un significato che occorre ben conoscere, ben precisare, in modo da non lasciarsi trascinare dalla magia delle parole. La grande Rivoluzione [3] ci ha imbrogliati con la sua formula: «Liberté, Egalité, Fraternité»; i liberalisti, i liberali, ci hanno riempito la testa in tutti i modi con il loro “laissez faire”, con il ritornello della libertà del lavoro. I libertariani si lasciano ingannare dalla credenza in una libertà prestabilita ed esprimono delle critiche in suo onore … Gli anarchici non devono lasciarsi abbagliare dalla parola libertà ma devono vedere i fatti. Essi sono contro il dominio esercitato dall’esterno, contro il governo, contro il potere economico, religioso e morale, sapendo bene che più questi poteri diminuiranno più aumenterà la sfera di libertà.
Vi è una relazione tra il potere dell’ambiente e quello dell’individuo. Quanto più il primo si attenua, quanto più il potere si indebolisce, tanto più aumenta la libertà.
Cosa vuole l’anarchico? Arrivare a fare in modo che le due potenze, quelle dell’ambiente e quelle dell’individuo, si equilibrino; che l’individuo abbia la libertà reale sui suoi movimenti e sulle sue azioni, senza mai ostacolare l'altrui libertà di movimento e di azione. L’anarchico non vuole capovolgere il rapporto tra sé e gli altri, non vuole far sì che la sua libertà consista nell’asservimento degli altri. Egli sa che il potere di dominare è un male in sé stesso, sia per colui che lo subisce sia per colui che lo esercita.
Per conoscere veramente la libertà occorre che l’individuo si sviluppi fino al punto in cui nessun potere di dominio abbia la possibilità di esistere.
[1] L'autore usa il termine libertaire (libertario) per riferirsi a coloro che attualmente sono definiti libertariens (libertariani) o anarco-capitalisti e per i quali l'esercizio della propria libertà assume una preminenza assoluta (laissez nous faire, laissez nous passer).
[2] Il termine autorité utilizzato dall’autore viene qui tradotto con il termine potere, tenendo conto che nel pensiero anarchico, soprattutto sulla scia di Bakunin (vedi Volume 2, Documento 19) l’autorità è vista come qualcosa che sorge dalla conoscenza e quindi è accettabile, mentre il potere (autoritarismo) si basa sull’uso della forza (imposizione agli altri del proprio volere) e va rifiutato.
[3] L’autore usa qui il mito antico che fa riferimento alla navigazione difficoltosa nello stretto di Messina a causa dei venti e delle correnti. Gli antichi chiamarono i vortici che si formano nello stretto coi nomi di Cariddi (colei che risucchia) e di Scilla (colei che dilania).
[4] Il riferimento è alla Rivoluzione Francese del 1789.