Nota
Fonte: L'Almanacco Republicano, Dicembre 1873.
Alcuni socialisti hanno da qualche tempo aperto una regolare crociata contro ciò che essi chiamano principio d'autorità. Basta loro dire che questo o quell'atto è autoritario, per condannarlo. Si abusa a tal punto di questo sommario modo di procedere che è necessario esaminare la cosa un po' più da vicino.
Autorità, nel senso della parola di cui si tratta, vuol dire: imposizione della volontà altrui alla nostra; l'autorità presuppone, inoltre, subordinazione. Ora, per quanto queste due parole suonino male e sia sgradevole per la parte subordinata, si tratta di saper se vi è mezzo per farne a meno, se - date le condizioni attuali della società - noi potremo dar vita ad un altro sistema sociale in cui questa autorità non avrà più alcuna funzione, e dove per conseguenza dovrà scomparire.
Esaminando le condizioni economiche, industriali e agricole che sono alla base dell'attuale società borghese, troviamo che esse tendono a rimpiazzare sempre più l'azione isolata con quella combinata degli individui. L'industria moderna ha preso il posto delle piccole officine dei produttori isolati, con grandi fabbriche e officine dove centinaia di operai sorvegliano macchine complicate mosse dal vapore; le vetture e i carri delle grandi strade di comunicazione vengono sostituiti dai treni delle vie ferrate, come le piccole golette e barche a vela dai battelli a vapore. L'agricoltura stessa cade a mano a mano sotto il dominio della macchina e del vapore, che rimpiazzano lentamente, ma inesorabilmente, i piccoli proprietari coi grandi capitalisti che, con l'aiuto di operai salariati, coltivano grandi superfici di terreno.
Dovunque, l'attività in comune, la complessità dei procedimenti che dipendono gli uni dagli altri, sostituisce l'azione indipendente degli individui. Ma chi dice attività in comune, dice organizzazione; ora, è possibile avere attività in comune senza autorità?
Supponiamo che una rivoluzione sociale abbia detronizzato i capitalisti, per cui essa presiede ora alla produzione e alla circolazione delle ricchezze. Supponiamo, per collocarci interamente dal punto di vista degli anti-autoritari, che la terra e gli strumenti di lavoro siano divenuti proprietà collettiva degli operai che li impiegano. L'autorità sarà scomparsa, o non avrà essa fatto che cambiar di forma? Vediamo.
Prendiamo a mo' d'esempio una filatura di cotone. Il cotone deve passare almeno per sei operazioni successive prima di esser ridotto allo stato di filo, operazioni che si fanno - per la più parte - in locali differenti. Inoltre, per tenere le macchine in movimento vi è bisogno di un ingegnere che sorvegli le macchine a vapore, di meccanici per le riparazioni giornaliere e di molti altri braccianti destinati a trasportare i prodotti da un locale all'altro, e così via. Tutti questi operai, uomini, donne e fanciulli, sono obbligati a cominciare e a finire il loro lavoro a ore determinate dall'autorità del vapore, che si beffa dell'autonomia individuale. Bisogna dunque, dapprima, che gli operai si intendano sulle ore di lavoro; a queste ore, una volta fissate, sono tutti sottomessi senza alcuna eccezione. Poi sorgono in ciascun ambiente lavorativo e ad ogni istante questioni di dettaglio sul modo di produzione, sulla distribuzione dei materiali ecc., questioni che bisogna risolvere subito, sotto pena di veder arrestarsi immediatamente tutta la produzione. Che esse si risolvano con la decisione di un delegato preposto a ciascuna branca di lavoro o attraverso un voto di maggioranza, se ciò fosse possibile, rimane il fatto che la volontà di qualcuno dovrà sempre subordinarsi alla decisione presa, il che vale a dire che le questioni saranno risolte d'autorità. L'automata meccanico di una grande fabbrica è molto più tiranno di quanto lo siano mai stati i piccoli capitalisti che impiegano operai. Almeno per le ore di lavoro si può scrivere sulla porta di queste fabbriche: Lasciate ogni autonomia, voi ch'entrate!
Se l'essere umano con la scienza e il genio inventivo sottomise le forze della natura, queste si vendicarono su di lui sottomettendolo, quando egli le impiega, ad un vero dispotismo, indipendente da ogni organizzazione sociale. Voler abolire l'autorità nella grande industria, è voler abolire l'industria stessa, distruggere la filatura a vapore per ritornare alla filatura a mano.
Prendiamo, come altro esempio, la via ferrata. Qui pure la cooperazione d'una infinità d'individui è assolutamente necessaria; cooperazione che deve aver luogo a ore ben precise, perché non si verifichino incidenti. Qui ancora, la prima condizione dell'attività è una volontà dominante, che decide in maniera netta su ogni eventuale questione, sia questa la volontà rappresentata da un unico delegato o da un comitato incaricato di eseguire le risoluzioni d'una maggioranza d'individui. Nell'uno o nell'altro caso vi è autorità molto pronunciata. Ma v'è di più: che diverrebbe del primo treno in partenza, se si abolisse l'autorità degli impiegati della via ferrata sui signori viaggiatori?
Ma la necessità d'una autorità, e di un'autorità imperiosa, non può trovare esempio più evidente che sopra una nave in alto mare. Là, nel momento del pericolo, la vita di tutti dipende dall'obbedienza istantanea e assoluta di tutti alla volontà di un solo.
Allorché io ho sottoposto simili argomenti ai più furiosi anti-autoritari, essi non seppero rispondermi che questo: "Ah! Ciò è vero, ma qui non si tratta di un'autorità che noi assegnamo a dei delegati, ma di un incarico affidato loro!". Questi signori credono d'aver cambiato le cose quando ne hanno cambiato i nomi. Ecco come questi profondi pensatori si beffano del mondo.
Noi abbiamo dunque veduto che, da una parte, sussiste una certa autorità, delegata non importa come, e dall'altra una certa subordinazione,e queste sono cose che, indipendentemente da ogni organizzazione sociale, s'impongono a noi come condizioni materiali, nell'ambito delle quali noi produciamo e facciamo circolare i prodotti.
E abbiamo veduto, inoltre, che le condizioni materiali di produzione e di circolazione s'accrescono inevitabilmente con la grande industria e la grande agricoltura, e tendono sempre più a estendere il campo di questa autorità. È dunque assurdo parlare del principio d'autorità come qualcosa di assolutamente cattivo, e del principio d'autonomia come qualcosa di assolutamente buono. L'autorità e l'autonomia sono realtà relative, le cui sfere variano in relazione alle differenti fasi dello sviluppo sociale. Se gli autonomisti si limitassero a dire che l'organizzazione sociale dell'avvenire restringerà l'autorità ai soli limiti ai quali le condizioni della produzione la rendono inevitabile, ci si potrebbe intendere; invece essi sono ciechi per tutti i fatti che rendono necessaria la cosa, e si battono furiosamente contro tale parola.
Perché gli anti-autoritari non si limitano a gridare contro l'autorità politica, lo Stato? Tutti i socialisti sono d'accordo in ciò, che lo Stato politico e con lui l'autorità politica scompariranno come risultato della prossima rivoluzione sociale, e cioè che le funzioni pubbliche perderanno il loro carattere politico, e si trasformeranno in semplici funzioni amministrative, avendo cura dei veri interessi sociali. Ma gli anti-autoritari domandano che lo Stato politico autoritario sia abolito d'un tratto, prima ancora di aver distrutto le condizioni sociali che l'hanno fatto nascere. Essi pretendono che il primo atto della rivoluzione sociale sia l'abolizione dell'autorità. Non hanno mai visto questi signori una rivoluzione? Una rivoluzione è certamente la cosa più autoritaria che ci sia: è l'atto attraverso il quale una parte della popolazione impone la sua volontà all'altra parte per mezzo di fucili, baionette e cannoni; mezzi del tutto autoritari; e il partito vittorioso, se non vuole aver combattuto invano, deve continuare questo dominio col terrore che le sue armi inspirano ai reazionari. La Comune di Parigi sarebbe durata un solo giorno, se non si fosse servita di questa autorità del popolo armato, contro i borghesi? Non si può forse, al contrario, rimproverarle di non essersene servita abbastanza?
Dunque, delle due cose l'una: o gli anti-autoritari non sanno ciò che dicono, e in questo caso non seminano che confusione; o essi lo sanno, e in questo caso tradiscono il movimento del proletariato. In un caso e nell'altro essi servono la reazione.