Francesco Saverio Merlino

da
Perché siamo anarchici?

(1892)

 



Nota

Questa è la parte finale di un breve opuscolo redatto da Francesco Saverio Merlino durante la sua permanenza a New York. La società futura che egli si augurava e per cui lottava non appare nulla di utopistico. Alcune conquiste, riguardanti soprattutto l'organizzazione del lavoro nelle imprese più avanzate, sono pratica corrente. Per quanto riguarda invece il ruolo parassitario e opprimente dello stato, moltissimo resta ancora da fare anche nei paesi che si ritengono più moderni e avanzati.

 


 

Come sarà organizzata la Società Futura

La società futura sarà organizzata come una vasta federazione di società operaie, ciascuna libera e indipendente dall'altra, ma tutte unite insieme da liberi patti.
La terra sarà coltivata da associazioni di contadini. Le miniere, da cui si estraggono le materie prime per le industrie, e i mezzi di trasporto saranno proprietà comune di tutte le associazioni, e nessun gruppo potrà servirsene in modo da speculare sui bisogni degli altri. Vi saranno associazioni per tutti i lavori e per tutti gli scopi: e queste associazioni saranno aperte a tutti quelli che vorranno lavorare. Un individuo farà parte al tempo stesso di più associazioni; l'operaio della fabbrica potrà lavorare anche al campo. Il contadino potrà occuparsi anche di chimica e di altri studi. Ogni distinzione fra operai del braccio e operai della mente deve cessare.

L'uomo, alternando i lavori produce più e sviluppa meglio le sue facoltà. Il lavoro sarà eseguito liberamente; non vi saranno più regolamenti vessatori come quelli che oggi il padrone impone agli operai. Ogni associazione stabilirà da sé le condizioni del proprio lavoro, lasciando ai suoi membri la più grande libertà compatibile con l'interesse generale. I membri delle associazioni saranno uguali fra loro e non ci sarà disuguaglianza di trattamento. L'ingegnere e il manovale saranno ugualmente considerati, perché l'opera di entrambi è necessaria alla società. Anzi, più il lavoro sarà faticoso, più breve sarà, e più sarà meritorio. Mentre oggi tanta gente pretende « sacrificarsi » al bene pubblico facendo i politicanti, i deputati, ecc., nell'avvenire quelli che si sentiranno portati a rendersi più utili alla società e a guadagnarsi la pubblica stima si sobbarcheranno ai lavori più penosi. Ma più o meno, o d'un modo o dell'altro, tutti gli uomini lavoreranno, perché l'ozio è insopportabile, e mentre oggi molti sono educati fin da fanciulli a non fare nulla e a poltrire nei vizi, l'educazione, l'esempio e l'opinione pubblica della società futura indurranno tutti a lavorare. Per far parte di un'associazione bisognerà lavorare: nessuno uomo è tanto insensato da voler vivere al bando della società. E se anche ce ne fosse qualcuno, sarebbe poco male, mentre ora le classi intere vivono oziando o peggio, occupando la loro giornata a far male agli altri.

Ché, se quelli che volessero oziare fossero molti, si accorgerebbero subito dell'errore, perché non lavorando non si produce; e quando non si produce non si mangia. D'altronde il lavoro non sarà faticoso, lungo e mal ricompensato come oggi. Poche ore di lavoro manuale e il resto del tempo consacrato a lavori ed a studi piacevoli - è tutto quel che ci vuole. E tutte le condizioni del lavoro saranno trasformate.
La fabbrica dell'avvenire non sarà quella d'oggi. Ci sarà tanto spazio e aria e luce per l'operaio nella fabbrica, quanto ce n'è oggi nelle case dei signori. L'operaio non sarà condannato a morir di caldo, di fame e di sete mentre lavora; a stare sempre in piedi, a continuare il suo lavoro quand'è stanco. Tutti gli agi, di cui godono oggi quelli che non fanno niente, saranno goduti dagli operai. Perché nella fabbrica, accanto alla sala da lavoro, non ci dovrebbero essere la sala di ricreazione, di lettura, ecc.? Perché non si cercherebbe di rendere il lavoro meno penoso e gradito, con tutti i mezzi che mette a nostra disposizione la cresciuta civiltà? Noi non sappiamo quali cambiamenti apporteranno al modo di produzione i progressi della meccanica e delle scienze tecniche. Cosa certa è pero che anche allo stato attuale delle conoscenze, la vita dell'operaio può essere circondata di tutti gli agi che oggi sono riservati ai signori.

Nei paesi dove l'agricoltura è decaduta si può farla rifiorire. Si possono moltiplicare a volontà i prodotti delle industrie; dare lavoro a tutti, vestire tutti i laceri, e satollare tutti gli affamati. Coi mezzi di comunicazione che esistono, non è più necessario che gli operai vivano agglomerati nelle catapecchie della città; si possono costruire case lungo le linee ferroviarie in aperta campagna, senza far mancare in nessun posto i mezzi di ricreazione e d'istruzione che oggi attraggono operai nelle città.
Si può insomma trasformare la faccia del mondo se gli uomini si decideranno una buona volta ad amarsi e ad aiutarsi reciprocamente, invece di vivere gli uni alle spalle degli altri.
Occorreranno più commercianti, banchieri, speculatori?
No, perché le associazioni si scambieranno direttamente i prodotti, senza neanche bisogno di moneta. Tutte le relazioni che oggi si stabiliscono tra vari paesi per mezzo dei capitalisti, si stabiliranno tra associazioni ed associazioni. Un'associazione prometterà all'altra, salvo casi di forza maggiore, una data quantità di prodotti e riceverà eguale promessa di altri generi. Ma questi scambi non saranno fatti con avarizia e con ingordigia; nessuna associazione vorrà guadagnare come oggi fa il capitalista, sul lavoro altrui; nessuno vorrà arricchirsi e accumulare, perché tanto l'accumulazione non servirebbe a nulla dal momento che non si troverebbero operai che volessero vendere le loro braccia per far fruttificare la ricchezza accumulata.

Le associazioni si aiuterebbero fra loro nel bisogno. Se in un luogo il raccolto è scarso, le associazioni di contadini di altri paesi supplirebbero al difetto col loro superfluo. Se un paese è colto da un infortunio, gli altri lo soccorrerebbero. Questo si fa anche oggi. Anche oggi in caso d'inondazioni, di carestia ecc. si organizzano soccorsi.
Sventuratamente essi passano per le mani dei Governi e dei capitalisti - e poco ne giunge a quelli che veramente ne avrebbero bisogno.
E qui tocchiamo un'ultima questione.
Ci vorrebbe un Governo, un Parlamento, un Ministero, una Polizia, una Magistratura? Nel nostro sistema, non ci vorrebbe niente di tutto questo, perché le associazioni amministrerebbero ciascuna i propri interessi, e le relazioni che passerebbero fra esse sarebbero diverse secondo la natura speciale dei vari interessi, e volontarie. Perché esista un Governo bisogna che tutti gl'interessi d'un popolo sieno concentrati nelle mani di pochi, e che un piccolo numero di persone faccia oggi per tutta la nazione, che in luogo di lasciare libertà all'individuo di pensare lo si obblighi a sottomettersi alla volontà di quelli che pensano per tutto un popolo - e che a costoro si dia il potere di tassare i prodotti del lavoro della moltitudine e di usare la forza per mettere ad effetto la loro volontà.

Ora tutto questo è incompatibile con la società libera e egualitaria di cui parliamo. Il Governo è la negazione della libera associazione, e i funzionarii del Governo sono i parassiti del lavoro nazionale.
Per risolvere le dispute, per impedire qualche rarissimo delitto, non c'è bisogno di un Governo, di una polizia e d'una magistratura - che sono causa di delitti e di lotte senza fine nella società. Le associazioni bastano: esse possono fare arbitraggi; possono prendere misure di difesa. Ogni membro della futura società accorrerà a difesa dell'oppresso e del debole; mentre oggi il Governo, la legge e la polizia non fanno che proteggere il ricco contro il povero, il padrone contro l'operaio.
L'operaio, si dice, è ignorante e spesse volte anche egoista. È colpa sua, se il padrone lo sfrutta e dissangua? Pur troppo è impossibile che si faccia meno di padroni, finché non cessano l'ignoranza e l'egoismo, cioè finché l'uomo non cambia la sua natura.
Rispondiamo che l'ignoranza è effetto della società attuale e durerà finché questa dura. Anzi, più tempo passa e più cresce insieme con la miseria l'ignoranza di una parte degli operai; più cresce l'abbrutimento degli operai condannati al lavoro delle fabbriche, l'avvilimento dei disoccupati, più crescono l'ubbriachezza, la prostituzione, i suicidi, e tutti i mali della miseria.

L'egoismo esso pure è effetto della miseria, come effetto della miseria sono la discordia che regna fra operai ed operai, e la concorrenza che essi si fanno reciprocamente.
Oggigiorno un individuo, per vivere, è costretto di far male ad altri, per farsi strada, deve passare sul corpo dei compagni; e per non essere sfruttato, deve cercare i mezzi di sfruttare gli altri diventando padrone.
L'ignoranza e l'egoismo non si possono combattere; dunque, meno ancora distruggersi nella società attuale. Bisogna distruggere questa società, perché l'ignoranza e l'egoismo scompaiono dal mondo.
E scompariranno certamente, all'orquando l'umanità avrà, con uno sforzo supremo, annientato le disuguaglianze e i privilegi attuali per vivere secondo i principii del comunismo anarchico.

 


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