Max Borders

Il vero contratto sociale?
Poter scegliere in libertà a quale comunità aderire

(2013)

 



Nota

Questo scritto pone il concetto di panarchia, sviluppato da Paul-Emile de Puydt nel 1860, come una sfida alle generazioni presenti e future. E il futuro dipende dal fatto di raccogliere tale sfida e produrre risposte che siano in sintonia con i nostri attuali bisogni, desideri e aspirazioni.

Fonte: Max Borders, The Real Social Contract. A challenge to partisans: What if you really could have your chosen system?, Foundation for Economic Education, September 2013.

 


 

Il più saggio e il migliore dei governi non funziona mai con il pieno e libero accordo di tutti i governati. Vi sono dei partiti vincitori o sconfitti, delle maggioranze e delle minoranze in conflitto permanente, e il loro ardore per l'ideale è direttamente proporzionale alla confusione delle loro idee.
(Paul-Émile de Puydt)

 

Sei un irriducibile Democratico. No?
Un convinto Repubblicano? Mi sbaglio.
Un Socialdemocratico?
La maggior parte dei lettori abituali di questa testata dirà che non si identifica con nessuna di queste categorie. La maggior parte, ma forse non tutti. Se sei un partigiano della politica, ho una sfida per te.
Avete immaginato il giorno in cui il vostro partito preferito potrebbe finalmente attuare ogni punto della sua piattaforma? Scherzi a parte, e se fosse possibile? Pensate se fosse possibile vivere nel vostro sistema preferito di governo e impedire che tutti quegli idioti degli altri partiti ostacolino i vostri piani?


La sfida

Possiamo immaginare una tale possibilità solo con un capovolgimento di vedute. Ma prima voglio portarvi indietro nel tempo, in Belgio nel 1860. A proposito, io ho pensato di essere stato il primo ad affrontare la sfida, ma il mio amico Gian Piero de Bellis mi ha parlato del lavoro di un belga di nome Paul-Émile de Puydt che ha proposto questa grande sfida associativa più di 150 anni fa…

In ogni comune apriamo un nuovo ufficio, l'ufficio dello STATO POLITICO. Questo ufficio fa pervenire, ad ogni cittadino maggiorenne, un formulario da riempire, come quello per le imposte o per la tassa sui cani.
« Domanda. Qual è la forma di governo che desiderate? »
Voi rispondete in tutta libertà: monarchia, o democrazia, o altro. Quale che sia, d'altronde, la vostra risposta, vi si iscrive su di un registro apposito, e una volta iscritto, e senza che sorgano reclami da parte vostra, nelle forme e nei tempi legalmente prescritti, eccovi suddito del re o cittadino della repubblica [o Democratico o Re-pubblicano]. A partire da quel momento, voi non avete più nulla a che fare con il governo degli altri [non più di quanto un Americano abbia a che fare con l’autorità Canadese]. Voi obbedite ai vostri capi, alle vostre leggi, ai vostri regolamenti; voi non pagate né più né meno, ma, moralmente, è tutta un'altra cosa. Finalmente, ognuno è nel suo stato politico, assolutamente come se non ce ne fosse, a lato, un altro, che dico, dieci altri, avendo ciascuno i propri contribuenti.

Vedi la sfida?
In breve: è possibile vivere sotto qualsiasi sistema politico che vi piace senza abbandonare il luogo in cui si vive. Invece di entrare in un partito, si entra in una associazione politica e si accetta di vivere sotto la sua protezione e le sue regole che si accordano con il vostro senso del giusto e del bene. Un vero e proprio “contratto sociale”. L’unico costo di questo salto di qualità è questo: non è possibile costringere nessuno a unirsi alla vostra associazione prescelta. Quindi, lo fareste? Se no, per quale motivo?
Quindi, lo faresti? Se no, per quale motivo?


Alcune preoccupazioni

Potrebbe essere che voi siate preoccupati per come la gente risolverebbe le divergenze? de Puydt afferma:

Sorge una divergenza tra soggetti di governi diversi, o tra un governo e i soggetti di un altro? È sufficiente conformarsi alle regole già attualmente in vigore tra nazioni vicine e amiche, e se vi sono punti controversi, il diritto delle genti e tutti i possibili diritti daranno certamente una risposta. Per il resto bastano i tribunali ordinari.

Mentre possiamo essere d’accordo che “i diritti delle genti” [human rights] sia un termine ambiguo, ciò significa, nella prospettiva liberale di de Puydt, che le persone devono essere protette dalla servitù involontaria. Forse siete preoccupati che tutti i ricchi fuggirebbero dalla vostra associazione prescelta o formerebbero una loro associazione, lasciando i meno ricchi e i membri meno avidi della vostra associazione a preoccuparsi dei poveri. Gli americani ricchi possono già lasciare gli Stati Uniti (e alcuni lo fanno), ma la maggior parte non lo fa.

Se i modelli di voto dei ricchi offrono una qualche indicazione, un sacco di gente ricca in America tollera tassi elevati di imposizione fiscale e sistemi governativi destinati al sostegno e all’aiuto dei poveri. Coloro che non sostengono queste politiche oppressive ritengono che il portare aiuto ai poveri attraverso lo Stato sia particolarmente inefficace e controproducente; sebbene si oppongano al welfare dello Stato, questo non significa che non abbiano alcun interesse ad alleviare il disagio. In ogni caso, perché non lasciare che si affermi il sistema migliore?


Il dilemma

Per lo statalista il dilemma è: perché lo sciovinismo territoriale? In altre parole, può qualcosa di così arbitrario come la geografia determinare il diritto di abbandonare un qualche sistema di governo? Come ho scritto altrove:

Per lo statalista, vale a dire per uno che crede nella massima autorità dello Stato, ci sembrano essere due risposte possibili:
X: Se lo Stato potesse mettere le mani su di me (sul mio corpo e/o la mia ricchezza), sia in Svezia o laggiù nella mia isola segreta, ci sarebbe una giustificazione. Ed essa consiste nel fatto che esiste davvero qualche obiettivo di giustizia globale per conseguire il quale tutti i mezzi sono accettabili, anche nei miei confronti.
Y: Considerazioni pragmatiche sulla cittadinanza comportano che una volta che mi trovo in un’altra giurisdizione, finché non ho infranto nessuna legge nella vecchia giurisdizione, quello che faccio non riguarda più il mio vecchio Stato. Dal momento che vivo in un altro luogo, sotto un diverso sistema di protezione, il vecchio Stato non ha più il diritto di darmi fastidio qualunque sia il suo concetto di giustizia.

Penso che gli statalisti più equilibrati optino per la Y. Qualunque sia la vostra preoccupazione, che pensare di un sistema la cui esistenza stessa dipende dal costringere le persone a farne parte?


Interessi comuni

Come trattare gli interessi comuni che riguardano tutti gli abitanti di una certa zona, qualunque sia la loro appartenenza politica? de Puydt dice:

Ogni governo sarebbe per l’intera nazione (la nazione politica) pressappoco ciò che è ognuno dei cantoni svizzeri o piuttosto ognuno degli Stati dell’Unione americana rispetto al governo federale. (Nota: per ironia della sorte, questo testo fu pubblicato un anno prima della guerra civile americana. Il sistema svizzero ha retto meglio e rimane molto più decentralizzato).

Vorrei aggiungere che questi “problemi” devono essere legati specificamente al territorio. Cioè, la maggior parte delle questioni trattate dai nostri governi nazionali non sono rilevanti per il territorio in sé, ma sono leggi collegate alle contingenze storiche, ad esempio i confini nazionali tracciati alla fine delle guerre. In altre parole, le persone a Washington arrivano a decidere sotto quale sistema sanitario si debba vivere, e per la maggior parte della gente questa è la ragione per la quale tua madre ti ha dato alla luce in una determinata località. La panarchia di de Puydt aiuta a eliminare questa arbitrarietà.


Aggiornamento del sistema operativo democratico (DOS)

Avete ancora dei dubbi? Qualunque sia la vostra obiezione alla sfida di de Puydt, è davvero così grande che siete disposti a continuare in questo dispendioso ed insoddisfacente gioco del tiro alla fune? Siete così accecati dallo status quo da non poter immaginare che le persone si uniscano in comunità politiche e vivano secondo loro regole proprie? Oppure il vostro pregiudizio consiste semplicemente nel fatto di pensare che la vostra preferenza politica sia la migliore, quindi ritenete che il vostro partito politico dovrebbe dominare tutti gli altri? Non che ci sia molto di buono nella visione sfocata della politica.

La democrazia è un sistema che lascia tutti quanti noi in balia delle voglie capricciose della massa. La democrazia può essere formalmente definita come dominio della massa, la quale deve condividere il potere con rappresentanti sottomessi agli interessi corporativi. Ma la proposta di de Puydt per lo meno dovrebbe indurre a pensare che tipologie di accordi sociali umani siano possibili al di là della democrazia.

Se aprite la vostra mente alla proposta di de Puydt, avete fatto parecchia strada. E se avete accettato la sfida e ne venite fuori persuaso della sua validità, allora siete probabilmente pronti per l’aggiornamento del DOS (il nostro Democratic Operating System - “Sistema Operativo Democratico”). Nel DOS si dispone di due soli programmi: il programma rosso e il programma blu; il che non è costituisce attualmente una gran varietà di scelta per tutti.

Non sarebbe meglio se la politica fosse più come la scelta dei programmi su un iPad? Noi siamo bloccati in una tecnologia sociale che non ha più senso. La democrazia non è un sistema progettato per attuare i nostri desideri politici. Si tratta di un sistema in cui, nella migliore delle ipotesi, preferenze casuali di altri si trovano mescolate assieme, bizzarramente, come una caratteristica del sistema. E le regole sotto le quali dobbiamo vivere sono arbitrarie rispetto alle nostre preferenze politiche reali.

Quando si entra in cabina elettorale, potete anche inviare le vostre preghiere fino a Washington, ma quante volte quelle preghiere ottengono una risposta? Anche se il vostro candidato viene eletto, non vi dà le politiche che vorreste vedere attuate. Quasi nessuno è felice con quanto viene prodotto dalle nostre legislature. Solo un ignorante che pensa alla politica come una sorta di sport di squadra è contento di indossare una maglia, rossa o blu, due mesi dopo le elezioni.


Potere al popolo

Lo statista belga Charles de Brouckère ha commentato poco prima di morire:

Il signor P. E. de Puydt ha fornito uno schema di un sistema che avrebbe il vantaggio di sottomettere il settore della produzione della sicurezza, altrimenti noto come governo, ad una concorrenza completa come lo è, ad esempio, quella che si fanno i fabbricanti di prodotti tessili in un paese in cui vige il libero commercio, e realizza questo senza ricorrere a rivoluzioni, barricate, o anche al più piccolo atto di violenza.

Se la democrazia è un modo per trasferire poteri senza l’uso di proiettili, la ‘panarchia’ di de Puydt è un modo per distribuire il potere tra la gente. Ecco di nuovo de Brouckère:

Se la società adottasse il sistema proposto da Monsieur de Puydt, ogni cittadino potrebbe cambiare di governo facilmente, come un affittuario cambia di appartamento ammobiliato in una grande città; infatti, basterebbe che si impegnasse a seguire, per un anno, le leggi del governo di sua scelta e a pagare le spese nella misura determinata all'inizio del contratto. Alla fine di questo anno di prova, il cittadino sarebbe libero di associarsi, per il consumo dei servizi di sicurezza e di altri servizi pubblici, alla impresa che produce questi beni nella maniera più conforme ai suoi desideri e per la somma che egli intende consacrare a questa spesa.

Invece di un gioco in cui la squadra rossa e la squadra blu lottano su chi deve redigere e far rispettare le regole, perché non abbiamo una competizione onesta, nella quale le associazioni competono offrendo alle persone interessate dei sistemi migliori, con le regole più gradite alle persone che vi aderiscono e da essi determinate?


Si prega di condividere

La prossima volta che sentite qualcuno pigramente tirare in ballo un riferimento al “contratto sociale”, inviategli questo articolo. In effetti, ora che avete accettato la sfida, vi invito a inviare questo scritto ai vostri amici più ferocemente schierati dal punto di vista politico.

Con questa sfida, possiamo percorrere un lungo cammino mettendo in chiaro il fatto che la politica è solo un altro tipo di religione, una religione che fondamentalmente costringe gli altri a vivere nel modo in cui noi vogliamo che essi vivano (e questo è così tipico del secolo appena passato)

 

Un ringraziamento al mio amico svizzero Gian Piero de Bellis, al mio amico australiano John Zube, e al mio amico americano Adam Knott per avermi aiutato ad esplorare queste idee in modo più approfondito.

 


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